Allo studio uno strumento per aiutare chi, ha perso un impiego,e non ha entrate e i lavori “in grigio” non coperti dagli attuali sussidi
di Claudio Tucci
L’emergenza c’è. Nonostante i bonus da 600 euro e la generalizzazione degli ammortizzatori sociali, c’è una fetta del mercato del lavoro che non è intercettata dal Dl «Cura Italia». Ma che ugualmente è colpita dall’emergenza coronavirus, e in molti casi, perdendo lavori e lavoretti, anche in “grigio”, si trova ora senza entrate. Il tema è delicato, e a questa platea che oscilla tra 3-4 milioni se si include tutto il “nero”, a circa 2 milioni se si restringono un po’ le maglie, guarda il reddito d’emergenza allo studio del governo.
Cos’è il reddito d’emergenza
Il tema reddito d’emergenza è stato lanciato nei giorni scorsi dalla vice ministra dell’Economia, Laura Castelli (M5S). In pratica lo strumento dovrebbe essere chiamato a fornire un sussidio, probabilmente temporaneo, a tutte quelle persone, senza più reddito, rimaste senza lavoro e non coperte dagli attuali bonus.
Lavoratori a termine non rinnovati, colf e badanti
A questo reddito guarderebbero in primis i lavoratori a termine non rinnovati in questa fase. Ma anche colf e badanti. Non solo però. Ci rientrerebbero anche le variegate forme di rapporti di impiego saltuari, stagionali, “grigi”, a patto però che abbiano qualche giornata di lavoro e di contributo alle spalle.
Prima ipotesi: estendere reddito di cittadinanza
Ecco il tema dei paletti/requisiti diventa decisivo, ed è oggetto di dibattito tra le forze politiche in vista del dl di aprile. Una prima ipotesi è stata avanzata dai 5 Stelle, che hanno parlato della possibilità di allargare le maglie del reddito di cittadinanza. In tal caso, si eliminerebbero o si sospenderebbero per un periodo alcuni dei requisiti di accesso alla misura.
Seconda ipotesi: potenziare fondo ultima istanza
Un’altra ipotesi allo studio è rafforzare il fondo di ultima istanza creato, con una dote da 300 milioni, dal Dl 18. E che oggi garantisce i 600 euro a lavoratori autonomi e professionisti iscritte alle casse. Anche qui si tratterebbe di ridefinirne i criteri di accesso al fondo per ricomprendervi anche le altre tipologie di lavoratori attualmente escluse (ad esempio, colf e badanti o lavoratori a termine non rinnovati).