Nello scontro in atto si arriverà un compromesso, ma non verrà meno il riferimento al rispetto di alcune condizioni di base
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Nello scontro in atto sul Recovery Fund tra la linea franco-tedesca, condivisa dall’Italia e quella dei paesi nordici più rigoristi (o “frugali” come li si è definiti di recente), alla fine – in linea con le più consolidate prassi europee – si perverrà a una soluzione di compromesso, in grado di sbloccare il volume di fuoco da almeno 500 miliardi (ma che potrebbero arrivare a 1000 miliardi), sotto una forma mista di aiuti a fondo perduto e prestiti. Di certo, non verrà meno il riferimento (non sappiamo ancora quanto cogente) al rispetto di alcune condizioni di base: tra queste l’inserimento nella richiesta di accesso ai fondi, di un ambizioso programma di riforme strutturali.
Le riforme incardinate nel “semestre europeo”
Si tratterebbe di una procedura rinforzata da inserire all’interno del cosiddetto semestre europeo, vale a dire di quell’insieme di regole e procedure in vigore da alcuni anni per rendere più omogeneo il percorso di armonizzazione ex ante delle politiche di bilancio di tutti i paesi europei. L’impegno a varare importanti riforme strutturali è peraltro già da tempo una delle principali richieste che la Commissione Ue rivolge agli Stati membri in occasione della pubblicazione delle “raccomandazioni-paese”. Per l’Italia, le più recenti richieste avanzate da Bruxelles si concentrano sulla necessità di snellire gli adempimenti amministrativi ma anche di metter mano al riordino delle competenze tra Stato centrale e autonomie regionali e locali, che nel corso della crisi in atto hanno fatto registrare non poche falle. Un rapporto complesso, che risale alla non felice riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione e ai successivi tentativi di porvi rimedio, da ultimo la riforma costituzionale messa a punto dal governo Renzi respinta dagli elettori nel referendum del 4 dicembre 2016. Certamente occorrerà intervenire ma i tempi sono incerti e poiché si tratterebbe di una modifica costituzionale (che richiede la doppia lettura da parte di Camera e Senato a distanza di tre mesi e l’eventuale, successivo referendum confermativo in caso di voto che non abbia raggiunto i due terzi dei componenti del Parlamento), si potrà indicare per ora solo l’intendimento programmatico.
Semplificazioni e riforma fiscale in primo piano
Per le semplificazioni e la riforma del fisco i tempi dovrebbero essere più ravvicinati. Sul fronte dello snellimento degli oneri burocratici e amministrativi il Governo è al lavoro e il relativo decreto dovrebbe essere approvato in tempi relativamente rapidi. Per il disegno complessivo di riforma del sistema fiscale è probabile che le relative misure siano annunciate fin d’ora (sotto forma di lasciapassare per accedere alle risorse del Recovery Fund) e attuate con la prossima legge di bilancio. Il problema, soprattutto nel caso delle semplificazioni, non è nel varo delle relative misure ma nella effettiva possibilità che esse possano essere applicate. Non vi è infatti governo negli ultimi quarant’anni che non abbia inserito nei suoi programmi imponenti proposte di riforma della macchina pubblica. Un diluvio di leggi, regolamenti attuativi, norme di raccordo che tuttavia non sono riuscire a scalfire il potere di interdizione delle burocrazie statali e regionali. E così anche le migliori intenzioni riformatrice si sono arrestate finora di fronte al “moloch” insormontabile della burocrazia. A fronte di leggi che promettevano di ridurre gli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, ne sono sorte altre che tali oneri hanno accresciuto. Dunque occorre intervenire alla radice, considerato il costo che cittadini e imprese subiscono per il proliferare degli adempimenti burocratici.
Il nodo delle tax expenditures
Quanto alla riforma del fisco, il cantiere avviato dal governo all’inizio dell’anno attraverso un confronto preliminare con le parti sociali si è arrestato per effetto dell’emergenza coronavirus. In un primo tempo si era ipotizzato il varo di un ddl delega entro aprile, ma ora pare più probabile che il tutto slitti in direzione della prossima legge di bilancio. Riforma che (dopo l’intervento sul cuneo fiscale) dovrà concentrarsi in gran parte sull’Irpef affrontando al tempo stesso il nodo (finora solo annunciato) della riduzione delle cosiddette “tax expenditures”, vale a dire dell’abnorme numero delle agevolazioni fiscali presenti nel nostro ordinamento.
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