Nel governo il confronto è iniziato in modo costruttivo, ma bisogna comporre ricette diverse. Si lavora per adottare il modello tedesco. Sul tavolo il sistema con alto numero di scaglioni proposto da Leu ma gradito anche dal Pd
di Marco Mobili e Gianni Trovati
Taglio del cuneo strutturale, nel 2021 fino a 1.200 euro
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Sui principi generali della riforma fiscale l’intesa fra le diverse proposte elaborate dai partiti della maggioranza sembra facile. Sulla carta. Perché su tutto il cantiere del nuovo fisco pesano due incognite: la traduzione operativa delle linee d’indirizzo, perché il fisco è complicato nei dettagli più che nelle grandi idee di fondo, e le coperture per dare gambe reali ai progetti senza far saltare i conti pubblici. Che per il prossimo anno già scontano 20 miliardi di clausole Iva, e un aggiustamento strutturale da concordare con la Commissione europea mentre i progetti di riforma del Patto di stabilità restano per ora, ben che vada, una prospettiva a medio-lungo termine.
A fissare le linee d’indirizzo era stato nelle scorse settimane il ministro dell’Economia, quando aveva indicato come obiettivi della riforma l’equità, la semplificazione delle regole e la riduzione del carico fiscale sui ceti medio-bassi insieme a un’impostazione più “verde” del sistema fiscale con un meccanismo di incentivi-disincentivi per premiare comportamenti e produzioni più sostenibili.
Obiettivo semplificazione, ma le strade sono diverse
E sulla semplificazione si sono esercitati i tecnici dei partiti nella costruzione delle loro proposte che rappresenteranno la base di partenza del confronto in vista della delega di aprile. Ma imboccando strade spesso divergenti.
Le aliquote, prima di tutto, sono il tradizionale terreno d’esercizio per chi vuole riformare le tasse sui redditi. Il Movimento 5 Stelle ne aveva studiate tre: 23% per i redditi da 10mila a 28mila, 37% da 28mila a 100mila euro e 42% oltre i 100mila. Attenzione, però, perché i redditi da considerare sarebbero quelli del nucleo familiare, da calcolare in base a un coefficiente che cambia con il numero dei componenti. Tre aliquote sono anche nella mente di Italia Viva, che però si oppone all’idea del coefficiente familiare perché la considera rischiosa sul piano dei possibili disincentivi alla partecipazione al lavoro da parte del coniuge più “debole”. Cioè tipicamente della moglie, in un Paese che già oggi è agli ultimi posti in Europa per il tasso di partecipazione femminile al lavoro e lontanissimo dalla parità di genere nelle retribuzioni. Obiezioni analoghe arrivano da
Leu, che non sembra entusiasta nemmeno di un dibattito concentrato sulla riduzione del numero delle aliquote. Il focus, in questo caso, è concentrato sul tema della progressività, che potrebbe essere costruita seguendo il modello tedesco dell’incremento continuo dell’aliquota all’aumentare del reddito.