Il meccanismo genera un moltiplicatore di almeno 20 volte rispetto a uno stanziamento pubblico di 500 milioni di euro
di Celestina Dominelli
L’obiettivo è attivare il primo sistema di garanzia pubblica per medie e grandi imprese che non hanno accesso al Fondo di garanzia per le Pmi, gestito dal Mediocredito Centrale e istituito con la legge 662 del 1996. In modo da avere due strumenti complementari e non sovrapponibili e, soprattutto, offrire un sostegno forte, attraverso il canale bancario, alle aziende che hanno sofferto una riduzione di fatturato a causa dell’emergenza coronavirus.
La norma
L’articolo 57 del decreto “cura Italia” mette, dunque, in pista un assist fondamentale per il tessuto economico maggiormente impattato dagli effetti dell’epidemia da Covid-19. Il tutto con un meccanismo molto efficiente che, attraverso una tripartizione del rischio tra il ministero dell’Economia e delle finanze, la Cassa depositi e prestiti, e le banche, genera un moltiplicatore di almeno 20 volte rispetto a uno stanziamento pubblico di 500 milioni di euro. In pratica, 10 miliardi di portafogli bancari che possono essere garantiti attraverso questo nuovo strumento.
Le modalità operative
Ma come funziona? Il sistema è imperniato su tre poli, a cominciare da una garanzia pubblica che viene rilasciata in favore del gruppo guidato da Fabrizio Palermo, che può arrivare a coprire fino a un massimo dell’80% dell’esposizione assunta dalla Spa di Via Goito e che, recita la norma del Dl, «è orientata a parametri di mercato». Per renderla possibile, il provvedimento emanato dall’esecutivo prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Mef, di un apposito fondo con una dote iniziale, come detto, di 500 milioni di euro per il 2020. La stessa norma autorizza poi la creazione di un apposito conto corrente di tesoreria e affida a una società a capitale interamente pubblico la gestione del fondo, sul quale sono versate le commissioni che la Cassa paga per l’accesso alla garanzia e la cui dotazione può essere incrementata anche attraverso contributi delle amministrazioni statali e degli enti territoriali. La Cdp, a fronte della garanzia pubblica e contribuendo con una parte del suo patrimonio, potrà assumere fino all’80% del rischio collegato all’operazione di finanziamento, consentendo così agli istituti di erogare più agevolmente nuova finanza alle imprese più colpite dalla crisi.
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Un caso pratico
Prendiamo, per esempio, un finanziamento da 10 milioni: il 70% potrà essere mediamente garantito da Cdp, in pratica 7 milioni, con la Cassa che potrà controgarantirsi, a sua volta, per il 70 per cento, cioè per 4,9 milioni. Considerando, sempre a titolo di esempio, un accantonamento medio del 10% sulla controgaranzia del Mef, si genera un fabbisogno di 490mila euro: da qui l’effetto leva di 20x rispetto ai 10 milioni del finanziamento. E questo spiega perché con la dotazione di 500 milioni del Fondo Mef si prevede di mobilitare 10 miliardi di linee di credito che le banche potranno erogare alle imprese. Spetterà poi a un decreto del Mef, di concerto con il ministero dello Sviluppo economico – sul quale si sta già lavorando -stabilire i criteri, le modalità e le condizioni per la concessione della garanzia, nonché individuare i settori nei quali operano le imprese che potranno accedere a questa liquidità, senza che ci sia, come detto, sovrapposizione con il Fondo di garanzia delle Pmi che opera solo per imprese con un fatturato inferiore ai 50 milioni, meno di 250 dipendenti e un attivo di bilancio sotto i 43 milioni.
Tempi rapidi
Il fine è riuscire a mettere in pista lo strumento il prima possibile proprio per assicurare un aiuto concreto al sistema economico in grande affanno in questa fase. Per vedere operativo il nuovo meccanismo, occorreranno, dunque, con molta probabilità, solo poche settimane: il tempo necessario per la conversione del “cura Italia” in Parlamento, il decreto attuativo Mef-Mise e la firma della convenzione tra Cdp e le banche che servirà a chiudere il cerchio.