Piano antievasione. Il governo punta a rafforzare gli strumenti degli enti locali: accertamento esecutivo e anagrafe digitale per superare le notifiche
di Marco Mobili e Gianni Trovati
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I piani del governo sulla lotta all’evasione fiscale arruolano i Comuni e i loro tributi. Non sotto la forma seguita finora degli incentivi ai sindaci per la caccia ai tributi erariali, che ha dato pochi frutti. In cantiere, con l’ambizione di entrare nel decreto fiscale atteso all’inizio della prossima settimana, c’è una riforma della riscossione locale a tutto campo.
Il principio fondamentale è quello di dare alla raccolta di Imu, Tasi, multe e così via gli stessi strumenti che oggi ha in mano Agenzia Entrate-Riscossione per la caccia alle imposte nazionali. Tre i filoni principali di intervento: addio sostanziale alla vecchia ingiunzione, sostituita da un accertamento esecutivo come quello che già opera su Irpef e Iva. Accesso più diretto alle banche dati, superando i tanti ostacoli che oggi lo complicano per una serie di interpretazioni contrastanti delle norme in vigore. E, in prospettiva, addio anche alla notifica, con la creazione di un’anagrafe digitale in cui tutti i debitori potranno (e dovranno) verificare la propria posizione. Un passo, quest’ultimo, piuttosto ambizioso, che però porterebbe con sé un risparmio consistente nei costi oggi sostenuti per le notifiche.
Per il momento si tratta di ipotesi tecniche, ma le riunioni al ministero dell’Economia vanno avanti a ripetizione anche perché i tempi per il decreto fiscale sono stretti. E ieri mattina, nel corso dell’audizione alle commissioni Finanze riunite di Camera e Senato sul programma del Mef, è stato lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a confermare che a Via XX Settembre si sta lavorando a un progetto di riforma della riscossione locale. Anche perché è il caso di ricordare che la macchina della raccolta dei tributi locali vive in un limbo ormai da quasi 10 anni, da quando cioè un decreto dell’allora Governo Berlusconi promise un pacchetto di semplificazioni che non è mai arrivato. Con il risultato che gli oltre 5mila Comuni che a suo tempo non si sono affidati alla ex Equitalia utilizzano ancora lo strumento dell’ingiunzione disciplinato da un Regio decreto del 1910. Non proprio l’ultimo ritrovato della tecnica.
Di qui il progetto di riforma, che dopo la definizione puntuale dei vari strumenti dovrà anche passare l’esame del Garante della Privacy per i profili più critici, almeno per quanto riguarda la nuova anagrafe digitale della riscossione. Uno dei punti chiave è l’equiparazione completa fra cartella e ingiunzione. Tradotto, significa che i Comuni potranno chiedere l’Imu, la Tasi, le multe e le altre entrate sfuggite al pagamento spontaneo con gli stessi strumenti oggi utilizzati dall’agente nazionale della riscossione. L’atto di accertamento potrebbe avere direttamente un valore esecutivo, imponendo quindi il pagamento di una quota dei tributi non versati come avviene oggi in campo nazionale.
L’allineamento alla cartella arriverebbe anche sul terreno delicato degli aggi. Oggi a livello locale il quadro è anarchico, e accanto a Comuni e società di riscossione “parche” nelle richieste di aggio si incontrano casi in cui ai costi di riscossione è assegnato un costo decisamente più alto di quello nazionale. Le bozze circolate in questi giorni parlano di sostituire questa babele con un aggio al 6%, uguale a quello chiesto dall’Ader, con un tetto a 300 euro per chi paga entro 60 giorni. Per chi ci mette di più, il limite passerebbe a 600 euro.