(Agi)
Lorenzo Maternini, Talent Garden
“Roma è una scommessa. È incredibilmente forte come ecosistema della new economy, ma ha ancora bisogno di punti di raccordo che ne facciano emergere il potenziale. Crediamo che i nostri coworking qui troveranno terreno fertile. Un’exit oggi? No, non è nei nostri pensieri”. Lorenzo Maternini, 35 anni, è forse un volto meno noto di Talent Garden rispetto a Davide Dattoli, 28, che l’azienda l’ha fondata. Eppure è parte della rete di coworking da sempre, da quel 2011 che a Brescia diede il via ad una storia imprenditoriale che oggi ha ramificazioni in tutta Europa e che a Roma, il prossimo settembre, inaugurerà uno dei più grossi campus europei: 5 mila metri quadri in zona Ostiense, e una sfida: contribuire a fare di Roma una capitale anche dell’innovazione con uno spazio di coworking che affiancherà gli altri due della Capitale. Oggi Maternini in Tag ricopre il ruolo di country manager del mercato italiano e responsabile vendite.
Sembra che abbiate un’attenzione crescente per Roma, perché?
“Roma è una nostra sfida, e diventerà una bandiera di Talent Garden. Ha molti talenti e imprese che fanno innovazione di prim’ordine, eppure sappiamo che non hanno una rete che consta loro di esprimersi al meglio. Ci sono molte energie che ancora faticano ad esprimersi, per difficoltà burocratiche, di spazi, di condivisione di idee e esperienze. E questo è quello che fa Talent Garden”.
Come scegliete le città in cui aprire i nodi della vostra rete di coworking?
“La nostra analisi è basata sulla forza dei giovani che fanno impresa, dei creativi, delle aziende, più in generale dell’ecosistema digitale di una città. Fa parte della nostra storia come Tag. A Brescia, nel 2011, c’era esattamente questa situazione: ragazzi che avevano voglia di incontrarsi per avviare, migliorare idee o progetti di business in settori dove in pochissimi avevano esperienza. Cerchiamo questo potenziale e questa voglia, noi mettiamo a disposizione spazi che siano funzionali a loro”.
Per Tag sarà un investimento di tre milioni. Come saranno investiti questi soldi?
“È un investimento soprattutto nella parte infrastrutturale. Però c’è anche la parte di formazione che coinvolgerà inizialmente mille studenti e sarà fatta in collaborazione con le università romane. Siamo in dialogo con le tre università pubbliche e presto stringeremo degli accordi. Forniremo ai ragazzi una formazione diversa da quella universitaria, più pratica e declinata sui temi del digitale”.
Ci tenete spesso a sottolineare che non siete un classico spazio di coworking. Cosa vi differenzia da altre realtà come We Work?
“We work è un office center con capacità di fare quello, noi non forniamo solo spazi da condividere ma puntiamo alla connessione di persone, idee, esperienze. In Talent Garden si racchiude una community. Era questa l’idea iniziale di Davide Dattoli ed è rimasta quella dal 2011. Dopo il primo Tag di Brescia, i ragazzi di altre città hanno cominciato a dire: perché non facciamo un Tag anche noi? Il valore stesso di Tag è nelle persone che ne fanno parte, non è verticistico, nasce dalla cooperazione di chi lo abita. Noi mettiamo in contatto i talenti locali e li mettiamo in connessione con la rete europea dei talenti, ed è quello che faremo anche a Roma”.
Quando vi siete accorti che il vostro modello stava scalando?
“Che stiamo facendo qualcosa di grosso comincio a percepirlo ora, soprattutto dopo l’ultimo round di investimento (44 milioni lo scorso undici marzo, ndr)”.
Oggi pensate ancora ad una possibile exit? Magari proprio We Work?
“Non ci ponismo più questa domanda. Abbiamo degli obiettivi di crescita con i nostri investitori entro il 2023 e cercheremo di portare a casa quelli. Oggi vediamo la possibilità di diventare il primo unicorno italiano, poi in futuro può succedere di tutto, vogliamo fare qualcosa di grande, magari una quotazione. Ma non viviamo più per la exit”.
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