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Ruffini e il fisco digitale: il ritorno alle Entrate per superare l’impasse

CONSIGLIO DEI MINISTRI

Torna al vertice dell’Agenzia dopo che era stato sostituito dal primo Governo Conte a trazione M5S-Lega. Legame stretto con Renzi: sotto il suo governo è stato nominato ad di Equitalia

di Andrea Carli

27 gennaio 2020


Perché è indecente evadere il fisco?

2′ di lettura

È un ritorno al passato quello di Ernesto Maria Ruffini alla guida dell’agenzia delle Entrate. Lui che era stato sostituito dal primo Governo Conte a trazione M5S-Lega ora, su decisione del Conte due a trazione M5S-Pd-Italia Viva e Leu torna a ricoprire quell’incarico. Un ritorno, quello deciso dal Consiglio dei ministri, che pone fine a una situazione di impasse, che se fosse continuata avrebbe avuto delle ripercussioni sul piano dei conti pubblici.

La partita della lotta all’evasione
Spetta infatti proprio all’agenzia dell’Entrate il delicato compito di garantire al governo i 3,2 miliardi di entrate dalla lotta all’evasione che devono aggiungersi ai 14 miliardi già previsti, come livello minimo, dalla convenzione triennale Agenzia-Mef, quindi un totale di 17-18 miliardi. Cifra non irrilevante per mantenere sotto i livelli di guardia i rapporti con Bruxelles. Una missione che un’Agenzia con il vertice scaduto a seguito del meccanismo dello spoil system, sarebbe stata esposta a un rischio rallentamento, considerato anche il fatto che perché il nuovo vertice entri nel pieno delle funzioni bisognerà attendere – fra passaggi allo Stato Regioni e bollinatura della Corte dei Conti – da uno a due mesi.

Avvocato tributarista palermitano
Palermitano d’origine, 51 anni, avvocato tributarista vicino a Renzi e a Gentiloni (meno agli M5S), fino a oggi era responsabile della sede romana dello studio tributarista Falsitta. Di recente era stato nominato presidente di Gsd Sistemi e Servizi, controllata dal Gruppo San Donato, numero uno della sanità privata italiana che fa capo alla famiglia Rotelli, presidente Angelino Alfano.

Sul palco della prima Leopolda
Con Renzi il legame è stretto. Nel 2010 sale sul palco della prima Leopolda e ricorda che «a non pagare le tasse non ci guadagna nessuno, anzi ci perdiamo tutti». Cinque anni dopo, con l’attuale leader di Italia Viva a Palazzo Chigi, Ruffini diventa ad di Equitalia. Giunto nel 2017, sotto l’esecutivo Gentiloni – e su pressione dei renziani – alla guida dell’agenzia delle Entrate dopo Rossella Orlandi, c’è la sua firma dietro alla trasformazione dell’”odiata” Equitalia in Agenzia della Riscossione. Delinea la rivoluzione del Fisco. Annuncia che entro cinque anni il modello 730 per la dichiarazione dei redditi sarebbe stato abolito e sostituito da precompilate dell’agenzia delle Entrate. Ruffini gestisce due operazioni di rottamazione di cartelle. A settembre 2018 lascia il timone dell’Agenzia. Al suo posto il governo giallo verde, su spinta dei pentastellati, mette il generale della Guardia di Finanza Antonino Maggiore. Ora il ritorno. La missione è ancora quella: intercettare l’evasione.

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