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Savona: bond “di guerra” per ripartire e garanzia Stato su capitale rischio

RELAZIONE ANNUALE CONSOB

Tra le proposte anche quella di riportare il risparmio popolare nelle Pmi esportatrici. Il Capo dello Stato Mattarella: «Borsa Milano può svolgere ruolo significativo per ripresa»

di Laura Serafini

16 giugno 2020


4′ di lettura

Rafforzare la tutela del risparmio, riequilibrando i poteri tra autorità di vigilanza e monetarie – alle quali oggi sono delegate azioni di ultima istanza che la politica non riesce a mettere in campo – e quelle per la tutela dei mercato finanziari, come è la Consob. Ma anche intervenire tempestivamente per regolare a livello internazionale la rivoluzione che l’innovazione tecnologica sta determinando: la digitalizzazione dei pagamenti e lo sviluppo di monete digitali (criptovalute) potrebbe smuovere i flussi finanziari dagli strumenti tradizionali e regolati della gestione del risparmio verso confini difficilmente controllabili con la regolazione attuale. E il rischio è che si crei a livello globale un «mercato mondiale del risparmio alterato».

Ma in questa fase post Covid-19 e con un sguardo particolare al caso italiano, è necessario riportare il risparmio popolare verso l’economia reale – principio espresso nell’articolo 47 della Costruzione e sinora rimasto in buona parte lettera morta – attraverso garanzie pubbliche sul capitale di rischio nelle Pmi, soprattutto quelle esportatrici.

Bond irredimibili e garanzie pubbliche sul capitale di rischio

La relazione annuale al mercato del presidente della Consob, Paolo Savona, è ancora una volta a tutto campo, attenta alle dinamiche macroeconomiche e internazionali più che a quelle interne. Ma questa volta il bilancio dell’anno non può non tenere conto dell’impatto della pandemia e della necessità di passare subito all’atto pratico per rilanciare il paese. Così il presidente Consob riprende la proposta rilanciata da Mario Monti, dall’economista Francesco Giavazzi e dal leader della Lega, Matteo Salvini, per l’emissione di «obbligazioni pubbliche irredimibili», cioè bond pubblici perpetui di guerra esonerati fiscalmente, per evitare che l’enorme debito che lo Stato italiano si appresta a contrarre anche con l’utilizzo dei fondi europei, impedisca all’economia del paese in futuro di risalire la china. In verità va detto che Salvini aveva proposto i bond di guerra come alternativa all’utilizzo del Mes, il fondo Salva Stati che oggi mette a disposizione 36 miliardi senza condizionali per sostenere la spesa sanitaria. Poi c’è la proposta di una garanzia statale sugli investimenti nelle Pmi, che «eviterebbe un ritorno non meditato dello Stato nelle imprese». Secondo Savona, l’esperimento potrebbe essere immediatamente avviato partendo dalle 22.058 medie imprese, dando iniziale preferenza alle 10.838 già esportatrici e a quelle che intendono diventarlo presentando piani credibili. «Garantendo un ammontare medio unitario di 1 milione di euro, una volta raggiunto l’obiettivo, l’onere oscillerebbe da un minimo di 11 miliardi di euro a un massimo di 22», ha spiegato.

Italia paese di formiche, 4.445 miliardi la ricchezza nazionale

Il presidente Consob resta convinto del fatto che l’Italia non sia un paese di cicale ma di «formiche – con una ricchezza immobiliare, finanziaria e monetaria disponibile di 4.445 miliardi a fine 2019, pari a 8,1 volte il loro reddito disponibile – che lavorano per sostenere molte cicale estere, anche quelle di paesi con un ben differente rilievo economico, come Canada, Usa, Regno Unito, Belgio, Francia e gran parte dei paesi sudamericani». Savona si è soffermato anche sulle decisioni assunte dalla Consob durante l’insorgere della pandemia e in particolare sulle misure sul divieto dell’assunzione delle posizioni nette corte e della vendite allo scoperto, adottate in coordinamento con l’Authority europea Esma. Il presidente Consob nei giorni scorsi era stato chiamato a rispondere dell’operato dell’Autorità e sulla decisione di riammettere lo shortselling a metà maggio, che ad avviso di alcuni parlamentari avrebbe determinato forti vendite sui titoli a piazza Affari.

 

La difesa dello stop alle vendite allo scoperto

«È stata anche decisa la proibizione delle operazioni di borsa allo scoperto al fine di bloccare questa forma di speculazione, realizzata in tre tempi, a cominciare dal 12 marzo, quando si sono verificate le condizioni previste dalla legge per l’intervento della Consob. Essa si sarebbe potuta anticipare se fosse subentrata in sede Esma una decisione a maggioranza dei membri del suo Board, che non è stato possibile raggiungere – ha ricostruito Savona -. L’Esma ha però deciso di ridurre per tre mesi, recentemente confermati, allo 0,1% la soglia di notifica alle autorità nazionali di vigilanza delle posizioni ribassiste. Una minoranza di autorità membri dell’istituzione ha però dato corso autonomamente alla stessa nostra decisione, ma per una durata temporale più corta, per un mese, rispetto alla nostra, di tre mesi. Poiché queste stesse autorità hanno comunicato che il provvedimento, dopo un rinnovo, non sarebbe stato più replicato, la Consob ha deciso di revocare anticipatamente la proibizione per il tono più equilibrato mostrato dalle quotazioni e per la valutazione che la speculazione allo scoperto sui nostri titoli si sarebbe altrimenti spostata su borse estere. L’andamento negativo dei corsi azionari del 19 maggio ha fatto ritenere ad alcuni che la caduta fosse stata determinata dal provvedimento di revoca, ma le operazioni allo scoperto sono state quel giorno di dimensioni trascurabili e tali sono continuate nei giorni successivi».

 

 

 

 

Fonte

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