Formalmente quello che è stato recapitato nelle ultime ore al ministro dell’Economia, a via XX Settembre 97 a Roma, è un primo avviso. O, per ricorrere a un’espressione anglosassone, un “warning”, che potrebbe preludere all’apertura nei confronti dell’Italia di una procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione dela regola del debito.
Il contesto del semestre europeo
Il tutto si contestualizza all’interno della complessa disciplina di bilancio europea e in questa fase nel cosiddetto “semestre europeo”. Il semestre europeo, che si protrae da gennaio a giugno, è stato introdotto nel 2012, allo scopo di rafforzare la governance economica dell’Unione, attraverso un coordinamento preliminare delle politiche economiche dei paesi europei. Un coordinamento “ex ante” che si traduce in comunicazioni, interlocuzioni, presentazione del Def (il Documento di economia e finanza) ad aprile, raccomandazioni, scambio di documenti. Insomma, un calendario sostanzialmente strutturato che contempla una dialettica tra la Commissione e i singoli paesi soprattutto laddove si riscontrino deviazioni significative dalle regole Ue di bilancio.
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Il precedente del governo Gentiloni
In questo caso – è avvenuta la stessa cosa l’anno scorso con l’esecutivo Gentiloni (Padoan ministro dell’Economia), anche allora l’Italia ha avuto 48 ore di tempo per rispondere -, se si evidenziano scostamenti molto gravi la Commissione invia una prima lettera con cui si chiede di esporre gli eventuali fattori rilevanti o circostanze eccezionali che potrebbero essere alla base della deviazione dagli obiettivi concordati sul fronte del debito e del deficit strutturale (che si calcola al netto delle una tantum e delle variazioni del ciclo economico). Una lettera, come si diceva, che rientra nella prassi e nelle procedure, propedeutiche ad azioni successive.
I nuovi rapporti all’interno della maggioranza
Di certo la lettera arriva in un momento politicamente in cui, all’indomani delle Europee, gli equilibri politici all’interno dell’esecutivo tra Lega e Cinque Stelle si sono ribaltati, a favore di un Carroccio che non esclude a priori la possibilità che si possa andare oltre la fatidica soglia del 3% del rapporto tra deficit e Pil, sancita dal patto di Stabilità e crescita.
La richiesta di Dombrovskis e Moscovici
La lettera, su cui si legge la firma a calce del vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis e del commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, che esordisce con la formula “Caro ministro, caro Giovanni”, e che è inviata in copia ad Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro, chiede al governo di esporre entro 48 ore le sue “controdeduzioni”: sotto la lente il controverso aumento del debito pubblico italiano tra il 2017 e il 2018.
Il 5 giugno arrivano le raccomandazioni
Il 5 giugno arriveranno le cosiddette “raccomandazioni paese”, le pagelle della Commissione Stato per Stato e dunque anche per l’Italia. In quell’occasione verrà pubblicato, probabilmente, anche il rapporto sul debito (l’Italia è fuori linea). Ci potrebbe essere già in quella circostanza la decisione della Commissione europea di avviare la procedura per aprire un eventuale azione contro l’Italia.
La parola all’Ecofin e probabilmente al Consiglio europeo
Chi decide formalmente l’apertura della procedura? È la “politica”: l’Ecofin,al quale partecipano i ministri dell’Economia e delle finanze di tutti gli Stati membri. Si riunirà il 14 giugno, il giorno dopo l’incontro a Lussemburgo tra i ministri finanziari dell’Eurozona. Sono dunque i ministri ad aprire formalmente la procedura. Essendo un dossier complesso, è probabile che diventi decisivo il Consiglio europeo, che si riunirà il 20 e 21 giugno. Allo stato attuale la riunione ha all’ordine del giorno le nomine (prossimo presidente della Commissione, nuovo presidente Bce, l’Alto rappresentante per la politica estera ) e l’agenda strategica Ue per il periodo 2019-2024. Non è escluso che in quell’occasione venga presa una decisione definitica sulla procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
Rientro in due/tre anni e sanzioni pari allo 0,2% del Pil
Se così fosse, si aprirebbe la fase del “rientro” dalla posizione di eccesso di deficit riscontrata. Solo alla fine di questo percorso, che peraltro potrebbe anche protrarsi per due/tre anni, qualora l’Italia non rispettasse le raccomandazioni ricevute, si arriverebbe alle eventuali sanzioni, pari al 0,2% del Pil, quindi tre miliardi e mezzo.
Flessibilità sui conti pubblici addio
Sanzioni di questo tipo non sono mai scattare. Sarebbe la prima volta. Durante la procedura di infrazione, l’Italia rientrerebbe nel “braccio correttivo” del Patto di stabilità: per Roma verrebbe meno ogni possibilità di accedere a tutte le forme di flessibilità previste dalla Comunicazione della Commissione del gennaio 2015. E i conti del nostro paese sarebbero sottoposti a un monitoraggio continuo da parte delle istituzioni comunitarie.
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