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Sono 5,3 miliardi i fondi Ue utilizzabili subito per l’emergenza

la lotta alla pandemia

Dalle regioni del Sud 3,7 miliardi, solo 1,4 miliardi dai programmi delle regioni del Nord. Servono per spese sanitarie, compresa l’assuzionie di medici e infermieri, ammortizzatori sociali e capitale circolante per le imprese

di Giuseppe Chiellino

8 aprile 2020


2′ di lettura

Sono in tutto di 5,3 miliardi di euro i fondi europei della programmazione 2014-2020 non ancora spesi o impegnati dall’Italia e dunque utilizzabili nel 2020 per l’emergenza provocata dalla pandemia. Di questi 3,7 miliardi fanno parte del pacchetto destinati alle cinque regioni meno sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), 253 milioni dai programmi delle regioni in transizione (in pratica solo i programmi Fesr e Fse della Sardegna), e 1,2 miliardi destinati alle regioni più sviluppate del centro-nord. Gli importi non comprendono il cofinanziamento nazionale che, dopo le ultime modifiche al regolamento decise dalla Commissione, non è più obbligatorio.

In totale l’Italia avrebbe ancora 14 miliardi da spendere, ma la differenza è già giuridicamente vincolata e dunque non utilizzabile per la battaglia contro il coronavirus e per il sostegno a lavoratori e imprese. È quanto hanno spiegato fonti europee, aggiungendo che entro questa settimana o al massimo all’inizio della prossima dovrebbe essere completata la ricognizione delle risorse disponibili per ciascuno degli oltre 50 programmi italiani che gestiscono fondi strutturali europei , Fesr e Fse.

Queste risorse potranno finanziare spese sanitarie, dalle attrezzature all’assunzione di medici e infermieri, misure sociali (ammortizzatori sociali e sostegno al reddito), misure per il capitale circolante delle imprese. Tutte spese che le regole di base dei fondi Ue non consentirebbero di finanziare.

Il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, ha proposto alle regioni di dirottare sull’emergenza il 20% delle risorse dei sette anni di programmazione, pari a circa 6,7 miliardi, di cui 4,9 miliardi delle meno sviluppate, 1,4 miliardi delle più sviluppate, e 355 milioni di regioni in transizione, con la complicazione che 1,8 miliardi sarebbero “prelevati” da programmi nazionali. Tutto sempre al netto del cofinanziamento nazionale (che porterebbe l’importo complessivo ai 10 miliardi indicati da Provenzano) ma a cui probabilmente l’Italia rinuncerà. Provenzano si è impegnato a fare in modo che le risorse non vengano trasferite da una regione all’altra, anche se le modifiche ai regolamenti europei lo consentirebbero.

Intanto, l’Emilia Romagna, che dopo la Lombardia è ormai la regione più colpita, sollecita l’Europa affinché metta subito in campo strumenti nuovi per sostenere le imprese e il tessuto socioeconomico messi in ginocchio dall’emergenza sanitaria che sta colpendo tutta Europa. Lo ha fatto nei giorni scorsi con una lettera – firmata dal presidente Stefano Bonaccini e da quello della Nuova Aquitania (Francia), Alain Rousset, Regioni unite da uno storico rapporto di partnership – inviata alla commissaria europea per la Politica di coesione e le riforme, Elisa Ferreira. I due presidenti giudicano insufficiente la proposta di reindirizzare i fondi ancora disponibili dei programmi europei 2014-2020 per far fronte all’emergenza, come suggerito dalla commissaria, perché penalizzerebbe quelle Regioni virtuose, come Emilia-Romagna e Aquitania, che si trovano in una fase avanzata della programmazione e che potrebbero riorientare non più dell’1% per finanziare “azioni Covid”.

 

 

 

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