Lavora più di 40 ore a settimana, è straniero e ha meno di 25 anni: è l’identikit del fattorino che consegna cibo a domicilio a Milano per le piattaforme online come Deliveroo, Glovo, Uber Eats, Just Eat e Foodora. Un’indagine dell’Università Statale di Milano e del Comune ha provato a capire chi sono davvero i rider. Gli autori della ricerca ne hanno agganciato 218, nelle zone dove si concentrano in attesa di una chiamata: viale Monza , Porta Venezia, Stazione centrale, Darsena, Porta Romana, Navigli/Porta Genova, Piazza Cinque Giornate e Parco Sempione. Battendo la loro diffidenza, hanno fatto loro brevi interviste per capire chi sono, che contratti hanno e quanto lavorano.
Uomini e under 25
Il risultato: i “rider”, nella maggior parte dei casi, non sono studenti universitari che prova a campare con un lavoretto. Sono quasi sempre un uomini (nel 97% dei casi) e sono piuttosto giovani: il 57% ha meno di 25 anni, anche se c’è una fetta consistente (15%) di over 30. Ma solo il 15% è ancora sui banchi di scuola o all’università.
La maggioranza è straniera
Gli italiani sono una minoranza: un fattorino su tre è nato in Italia e il 39% ha la cittadinanza. Cui si affianca un 40% di africani e il 15% di rider nati in Asia. Tra i cittadini stranieri, cinque su sei affermano di avere un regolare permesso di soggiorno. Ma un fattorino su cento ha ammesso di non averne. Una quota che potrebbe essere più alta, visto che un fattorino straniero su sei ha preferito non rispondere.
Il lavoro è a tempo pieno
Le consegne a domicilio non sono quasi mai solo un lavoretto per arrotondare o concedersi qualche sfizio. Il 54% dei fattorini è impiegato più a lungo rispetto a un tempo pieno standard. Cioè 40-49 ore a settimana nel 25% dei casi e oltre le 50 ore nel 29%.
Contratti instabili e poco conosciuti
Si tratta però, sottolinea il rapporto curato da Luciano M. Fasano e Paolo Natale, di “lavoratori pseudo-autonomi deboli”, legati alle piattaforme da “una forma di lavoro spot rinnovata attraverso contratti di breve durata reiterati nel tempo” (il 41% non è al primo incarico), “con assenza di continuità”. Il rapporto di lavoro è a prestazione occasionale in un caso su due, cui si aggiungono formule variegate: partita Iva (12%), a chiamata (12%), tempo determinato (6%), cococo (4%) e tempo indeterminato (3%). Quasi un fattorino su dieci, però, afferma di non sapere come sia inquadrato il proprio lavoro. Un dato che indica una “scarsa conoscenza della disciplina contrattuale”.
Un rider su tre non parla bene l’italiano
La “scarsa conoscenza” è dovuta in parte a “contenuti contrattuali poco chiari”. Ma a peggiorare le cose c’è il problema della lingua. Il 18% degli intervistati è in Italia da meno di due anni, il 6% dice di non parlare affatto l’italiano e il 24% di conoscerlo “poco”. A conti fatti, quindi, un terzo dei rider parla la lingua poco o nulla.
Metà dei fattorini è diplomato o laureato
La lacuna della lingua non va confusa con il livello di istruzione, non necessariamente basso. La quota di chi si è fermato alle elementari (14%) è identica a quella dei laureati. E quella di chi ha la licenza media è pari a quella di chi ha un diploma.
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