(ANSA) – MILANO, 05 APR – Economia del Mezzogiorno sempre con
il freno a mano tirato: lo afferma una ricerca dell’Ufficio
studi di Confcommercio, secondo la quale negli ultimi
venticinque anni la quota di Pil prodotta dal Sud sul totale
nazionale è diminuita, passando da oltre il 24% del 1995 al 22%
del 2019, con un livello di occupazione che ha evidenziato una
crescita cumulata pari ad appena un quarto della media nazionale
(4,1% contro il 16,4%).
Un fenomeno, quest’ultimo, che sconta prevalentemente gli
effetti della riduzione della popolazione residente, in
particolare quella giovanile, che al Sud si è ridotta di oltre
1,5 milioni nel periodo considerato.
Tra le principali cause di questa disparità, secondo l’Ufficio
studi di Confcommercio “difetti strutturali come burocrazia,
criminalità e carenze infrastrutturali”. Se tali difetti “fossero ridotti in modo tale da portarne le dotazioni ai
livelli osservati nelle migliori regioni italiane, il prodotto
lordo meridionale crescerebbe a fine periodo di oltre il 20%,
con la ‘creazione’ di circa 90 miliardi di euro, rispetto ad uno
scenario in assenza di interventi”, afferma la ricerca.
Ma le differenze nel frattempo aumentano, almeno a partire dalla
crisi finanziaria globale del 2008: il rapporto tra prodotto pro
capite reale di un abitante del Sud rispetto a quello di un
abitante del Nord-ovest scende da 0,55 (55%) a 0,52. Insomma,
poco più della metà, con tendenza a peggiorare. In termini di
popolazione, il peso del Sud sul totale italiano passa dal 36,4%
al 33,9% ma è ben più grave la questione della popolazione
giovanile: tra il 1995 e il 2019 l’Italia nel complesso perde
oltre un milione di giovani (da poco più di 11 milioni a poco
più di 10 milioni) e tutta questa perdita è dovuta ai giovani
meridionali, che diminuiscono di un milione e mezzo. (ANSA).
Fonte Ansa.it