I giovani continuano a fuggire, crollano gli investimenti pubblici, continua l’emigrazione ospedaliera verso il Centro Nord. Solo poco più di 3 diplomati e 4 laureati su 10 sono occupati da uno a tre anni dopo aver conseguito il titolo. Prosegue l’abbandono scolastico. Opportunità di crescita dalla bioeconomia
di Andrea Carli
Una significativa discrepanza tra Centro-Nord e Sud riguarda la quota di imprese “zombie”, le aziende in vita da oltre 10 anni che per 3 anni consecutivi, vivendo gravi difficoltà finanziarie, non sono state in grado di pagare neppure gli interessi sui prestiti: al Sud quelle industriali sono il 5,83%, il doppio che nel Centro-Nord, 2,98% (imagoeconomica)
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I giovani del Sud continuano a fuggire. Crollano gli investimenti pubblici. Male l’agricoltura, bene il terziario. L’industria stenta. Scarsi i servizi ai cittadini, a partire dalla sanità e dalla scuola. Sul piano occupazionale, il reddito di cittadinanza ha avuto un impatto nullo. Non solo: «invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro».
Sono questi alcuni elementi che emergono dal Rapporto Svimez 2019 sull’economia e la società del Mezzogiorno, presentato il 4 novembre, a Roma, proprio nelle ore in cui la manovra inizia al Senato il suo percorso parlamentare. Nelle ultime ore il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, ha rivendicato le misure per il Mezzogiorno. Uno degli obiettivi, ha spiegato, è far partire le zone economiche speciali per attrarre gli investimenti, anche facendo intervenire un Commissario.
Intanto però le indicazioni fornite da Svimez delineano un quadro problematico. Nel 2019, con l’Italia che si ferma, il Sud entra in recessione (-0,2%, a fronte del +0,3% del Centro-Nord). Nel 2020, debole ripresa anche al Sud. Sulla dinamica della domanda interna al Mezzogiorno influisce in maniera pesante l’interruzione della crescita occupazionale e la persistente debolezza dell’intervento pubblico. Importante, sottolinea Svimez, l’aver evitato l’incremento dell’Iva che avrebbe avuto un impatto negativo sulla crescita più forte al Sud: -0,4% contro il -0,3% al Nord.
In un contesto complessivo caratterizzato da non pochi punti deboli, tuttavia, un’opportunità di crescita potrebbe arrivare dalla bioeconomia. Qui il Mezzogiorno sta dimostrando un grande protagonismo. La bioeconomia meridionale, spiega Svimez, si può valutare tra i 50 e i 60 miliardi di euro, equivalenti a un peso tra il 15% e il 18% di quello nazionale.
Migrano giovani con elevati livelli di istruzione
Il Mezzogiorno continua a perdere giovani fino a 14 anni (-1.046 mila) e popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. La nuova migrazione riguarda molti laureati, e più in generale giovani, con elevati livelli di istruzione, molti dei quali non tornano più. Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati.