La vittoria schiacciante di Matteo Salvini e il tracollo di Luigi Di Maio alle elezioni europee aprono una frattura all’interno del governo Cinque Stelle-Lega molto difficilmente sanabile in termini di governabilità. All’agenda di governo da ribaltare (più che confermare, si pensi allo stallo della TAV) fanno oggi fronte i numeri del Parlamento italiano conseguenti il voto politico nazionale del 4 marzo 2018. Numeri che mostrano la (schiacciante) prevalenza dei grillini, i quali hanno anche espresso il premier Giuseppe Conte. Come e in che tempi questa evidente frattura si svilupperà (verifica e rimpasto ministeriale, sbocco verso un voto anticipato?) lo vedremo.
Per ora Salvini, sempre più nelle vesti di Capitano Italia in un’Europa destinata a cambiare, annuncia che intende «ridiscutere in modo pacato i vecchi e superati parametri europei», che i prossimi mesi passeranno all’insegna del «coraggio e della crescita», che uno «choc fiscale positivo» sarà il suo «primo obiettivo». Tradotto: i vincoli europei su deficit e debito sono da riconsiderare e la “flat tax” è da mettere in pista concretamente con la prossima manovra di bilancio.
Ambedue le questioni sono cruciali. Perché sono, oggettivamente, nodi difficili da sciogliere in termini di politica economica ed impattano non solo a livello politico europeo ma anche sui mercati, dove lo spread tra titoli italiani e tedeschi non gioca da comparsa.
Il risultato generale delle elezioni non consegna l’Europa al sovranismo estremo gettando alle ortiche i vincoli europei. L’Europa cambierà, ed è un bene, ma con il tempo e non subito. E l’alleanza larga che si profila (popolari, socialisti, liberali e verdi) e che sarà alla base delle scelte per la Commissione e per la Bce, non prevede certo di aprire la strada ad una finanza pubblica con i conti in dissesto. Nessuno punta a questo. Compresi i paesi più sovranisti, dove il debito del vicino, sovranista o no, resta a suo carico. Un’Italia isolata su una posizione di rottura forte non sarebbe il passaporto per alcun successo nel cambiamento dell’Europa.
Quanto allo choc fiscale, alla “flat tax”, si tratta di capire, per cominciare, con quali coperture finanziarie procedere. «Si può fare, ma non a debito», ha spiegato (su LaVerità) Nicola Rossi, economista e già senatore del Pd, autore con l’Istituto Bruno Leoni della proposta della tassa piatta al 25%. E bisognerebbe farlo, «per essere credibile con i tagli alla spesa pubblica e l’aumento dell’Iva».
Sfida ai limiti dell’impossibile, anche politicamente. Ma se l’alternativa sono i conti in disordine, parametri europei o no, Salvini deve essere consapevole che in una partita del genere gioca anche Mister Spread.
© Riproduzione riservata