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Sono pronti a bloccare porti e aeroporti e anche le elezioni regionali del 24 febbraio i pastori sardi che rivendicano un prezzo più equo del latte ovino, sceso sotto i 60 centesimi al litro. Ieri una delegazione si è diretta verso l’aeroporto Alghero Fertilia, per portare la protesta nello scalo; oggi un gruppo di pastori si è dato appuntamento a Roma, davanti a Montecitorio, dopo la visita a Cagliari del Presidente del Consiglio, Conte.
L’onda bianca arrivata a San Siro
Nei giorni scorsi fiumi di latte sono stati versati sulle strade dell’isola, dove gruppi di allevatori hanno organizzato blocchi e altre manifestazioni, incluso sabato lo stop della squadra del Cagliari Calcio che dal centro sportivo di Assemini doveva raggiungere l’aeroporto per partire a Milano. Una volta partiti, la sera a San Siro i calciatori hanno indossato una maglia con una scritta di solidarietà ai pastori.
Prove di soluzione
Mercoledì prossimo a Cagliari è stato riconvocato il ‘tavolo del latte’, attorno al quale siedono rappresentanti degli industriali, delle cooperative, dell’Oilos, l’organismo interprofessionale latte ovino sardo, le organizzazioni di categoria e la Regione Sardegna, impegnata in una difficile mediazione. L’assessorato dell’Agricoltura ha proposto una forbice di prezzo fra gli 80 e gli 85 centesimi al litro e chiesto al governo di mettere a disposizione della Sardegna 25 milioni di euro del fondo ovicaprino, che potrebbero far risalire il prezzo del latte, finanziando i bandi per l’acquisto dei pecorini da destinare agli indigenti e creare fondi di garanzia attraverso la Sfirs, la finanziaria regionale, con cui sostenere finanziariamente cooperative o altri centri di trasformazione.
La Coldiretti si sfila
Coldiretti Sardegna ha fatto sapere che non si presenterà alla riunione, che una settimana fa si era chiusa con l’accordo su un documento, ma senza l’intesa sul prezzo del latte da riconoscere ai pastori per questa campagna. I vertici della principale organizzazione di agricoltori e allevatori in Sardegna accusano gli industriali di fare ‘cartello’ ai danni dei pastori. Eppure il 60% del latte ovino (circa 300 milioni di litri l’anno) prodotto in Sardegna viene trasformato dalle cooperative, di cui gli allevatori sono soci. In tutto, caseifici industriali compresi, sono una cinquantina i punti di trasformazione attivi nell’isola, dove pascolano circa 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia. Le aziende sarde del comparto ovicaprino sono circa 12 mila.
Pecorino (agf)
Cosa c’entra il pecorino romano
Il prezzo del latte, però, è collegato a quello del Pecorino romano, che è crollato. Da 7,5 euro al chilo è passato a 5,4, a causa di un eccesso di produzione: la quantità di pecorino romano che il mercato è in grado di assorbire è di 280 mila quintali, ma l’industria casearia ne ha prodotti 340 mila. Non tutto il latte ovino diventa Pecorino romano: una parte concorre alla produzione di Pecorino sardo Dop di 18 mila quintali e di Fiore sardo Dop attorno ai 6-7 mila quintali. L’anno scorso la Regione è intervenuta con uno stanziamento di 13 euro a capo ovicaprino, per un totale di 45 milioni di euro stanziati con legge, per aiutare le aziende colpite dal calo del prezzo del latte e dalla siccità con danni ingenti alle foraggere in primavera ed estate. Ma non è bastato.
Non sono più i tempi dei servi pastori
Sono oltre 12.000 le aziende che producono latte ovino in Sardegna. Diffuse in tutto il territorio, con picchi nelle zone interne del Nuorese e del Sassarese, possono essere a conduzione familiare con due o tre addetti oppure di dimensioni maggiori con oltre sette o otto pastori impegnati stabilmente. Non esistono più quelli che una volta si chiamavano i “servi pastori”, perché, ha spiegato all’Agi il presidente della Coldiretti, Battista Cualbu, si tratta di veri e propri “collaboratori” che lavorano in azienda.
In media ogni pastore ha un gregge di circa 240-250 pecore ma si può arrivare anche a mille e oltre. Un mondo variegato, molto cambiato rispetto ad alcune decine di anni fa: sono pochi quelli che ancora dormono nell’ovile. La sera, dopo una giornata di lavoro, si torna a casa alla guida di un pick up mentre alcuni, soprattutto se hanno una proprietà frammentata in diversi terreni, per poter lavorare meglio si sono costruiti l’abitazione vicino all’azienda, in campagna. Si tratta molto spesso di strutture moderne con mungitrici meccaniche e attrezzature moderne.
pastore sardo (agf)
Non basta nemmeno a pagare il pastore
“Ci hanno chiesto prodotti di qualità e noi su questo abbiamo puntato”, spiega Cualbu, “ma oggi la qualità e la tracciabilità del prodotto non vengono pagate adeguatamente mentre siamo invasi da prodotti che vengono da fuori e spacciati per sardi”. A ciò si aggiunge, ed è questo il vero nodo della discordia che ha fatto precipitare la situazione negli ultimi giorni, il prezzo del latte ad appena 60 centesimi al litro che non ripaga neanche il lavoro del pastore, che non basta a coprire i costi di produzione.
Nel complesso in Sardegna si producono 300 milioni di litri di latte ovino. Di questi, 165 sono destinati al Pecorino Romano e 135 ad altri due Dop (Fiore Sardo e Pecorino Sardo) più ulteriori piccole produzioni. Le aziende di trasformazione sono 35, di cui 15 industriali privati e 25 cooperative.
Gli industriali, riuniti nel consorzio di tutela del pecorino romano, decidono quanto formaggio produrre. Il piano di produzione approvato dal consorzio ha stabilito una soglia di 280.000 chili che – secondo i pastori – avrebbe consentito la quantità in grado di garantire un prezzo equo del latte. Ma – accusano gli allevatori – è stato approvato un piano di produzione che ha consentito uno sforamento fino a 340.000 chili con una sanzione di appena 16 centesimi per ogni chilo prodotto in più.
In questo modo – sempre secondo la protesta dei pastori – è calato il prezzo del pecorino romano e conseguentemente quello del latte ovino. Secondo la Coldiretti solo due trasformatori avrebbero rispettato il plafond stabilito. L’eccesso di produzione – accusano gli allevatori sardi – è stato quindi di fatto scaricato sui produttori per far calare il prezzo del latte. Non solo le aziende di trasformazione, però, sono nel mirino dei pastori sardi ma l’intera filiera commerciale se – come fa notare il presidente della Coldiretti Sardegna – un chilo di pecorino all’ingrosso costa 5,40 euro ma arriva al consumatore finale a 13/14 euro. Questo mentre un litro di latte di pecora continua a essere valutato 60 centesimi.
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