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Manifestanti anti-Facebook
Una lista nera degli utenti ritenuti pericolosi, un team che si occupa di tenerli sotto controllo analizzando i loro dati e localizzandoli se necessario, gruppi che funzionano da sentinelle, le cosiddette unità di investigazione e intelligence.
Alla sicurezza Facebook ci tiene: se quella degli utenti, alle volte, non si è rivelata esattamente in una botte di ferro (come a settembre 2018 quando 50 milioni di account vennero violati, o nel caso dello scandalo Cambridge Analytica), la società di Mark Zuckerberg sembra essere particolarmente attenta almeno alla propria. Per questo motivo ha organizzato un articolato meccanismo di difesa dei propri uffici e, di conseguenza, anche dei propri dipendenti. Cnbc lo ha descritto, raccogliendo le testimonianze di una dozzina di ex dipendenti di Facebook.
La lista “Bolo”: l’elenco degli utenti pericolosi
Si chiama lista “Bolo”, un acronimo che sta per Be on lookout – letteralmente “essere alla ricerca”, ed è l’elenco compilato da Facebook che raggruppa gli utenti ritenuti una minaccia per la sicurezza fisica delle persone che lavorano per la società del social network e per le sue sedi. La lista, che esiste dal 2008, viene aggiornata una volta a settimana. Un ex dipendente di Facebook, che ha lasciato il gruppo nel 2016, ha raccontato a Cnbc che vi fanno parte “centinaia di utenti”.
Ma chi ci finisce? Gli utenti che minacciano pubblicamente la società, i suoi uffici o impiegati, postando ad esempio commenti minacciosi in risposta a post di dirigenti come Zuckerberg. Ma oltre alle vere minacce, spiega una fonte che in passato ha lavorato a Menlo Park, può bastare anche un semplice vaffa al boss.
Un altro ex collega ha ammesso che non ci sono regole precise, ma che ogni caso viene valutato singolarmente. Poi c’è chi scrive messaggi equivoci sul social network, minacce velate che possono sottintendere l’intenzione di fare del male: nel 2018, scrive Cnbc, Facebook mise gli occhi su un post di un utente che suonava qualcosa come “Domani tutti quanti la pagheranno”. Il messaggio fece scattare l’allarme: in questi casi, i più gravi, le unità di intelligence avvertono il team di sicurezza di Facebook che è in grado di ricavare (tramite l’indirizzo Ip o la app) la localizzazione dell’utente. Se questi è particolarmente vicino a una sede, la società predispone misure che possono arrivare a coinvolgere le forze dell’ordine.
Gli ex dipendenti, un pericolo costante (almeno secondo Facebook)
Ogni volta che qualcuno finisce nella lista “Bolo” vengono avvertiti i responsabili della sicurezza e si mettono in campo le contromisure. Ma non sempre gli utenti pericolosi sono quelli che hanno davvero scritto qualcosa di minaccioso: pare infatti che quasi tutti gli ex dipendenti di Facebook ci finiscano di diritto quando termina la collaborazione con la società. Sarà per il timore di vendette, ma la pratica a molti non piace.
Facebook si difende e fa sapere che gli ex lavoratori vengono iscritti alla lista nera soltanto in “circostanze molto specifiche, quelle di minacce, violenze e molestie” e comunque dopo aver sentito il parere del team legale e delle risorse umane. Ma ci sarebbero casi di ex dipendenti che, convocati da Facebook per un nuovo colloquio di lavoro, non sarebbero potuti entrare nell’edificio perché sulla lista. Il che dimostrerebbe che l’iscrizione alla “Bolo” avviene in maniera standard per tutti, non soltanto per i soggetti che hanno reagito male alla fine della collaborazione.
Alcune pratiche, tra cui il tracciamento della localizzazione, hanno fatto storcere il naso per quella sensazione da Grande Fratello orwelliano. Dal canto suo, però, la società si difende: “Il nostro team di sicurezza esiste per mantenere i dipendenti di Facebook al sicuro – la replica di un portavoce di Facebook – Abbiamo processi rigorosi progettati per proteggere la privacy delle persone e rispettare tutte le leggi sulla privacy dei dati e i nostri termini di servizio”.
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