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Concluso il processo a El Chapo. Il re del narcotraffico verso l’ergastolo

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(Afp)

 Joaquín Archi Guzmán Loera, El Chapo

Lo show in aula per El Chapo si chiude con il verdetto di colpevolezza. I 12 giurati della corte federale di Brooklyn, a New York, hanno giudicato il narcotrafficante messicano, Joaquin Guzman, colpevole per tutti i dieci capi d’imputazione. Il principale è quello di aver co-diretto il potente cartello di Sinaloa, responsabile dell’esportazione negli Stati Uniti, tra il 1989 e il 2014, di centinaia di tonnellate di droga. Sarà il giudice a decidere la condanna ma è quasi scontato che El Chapo non lascerà più la prigione. Già da due anni, il 61enne, figura leggendaria dei cartelli messicani che ha ispirato film e serie tv, è detenuto in un carcere di massima sicurezza a New York. 

L’estradizione in Usa dopo due evasioni

Guzman è stato estradato negli Stati Uniti nel gennaio 2017 dopo due spettacolari fughe dalle prigioni messicane. Al suo processo, in cui sono emersi elementi scioccanti della sua vita criminale, non ha testimoniato.
Dopo la condanna, che è attesa fra diversi mesi, El Chapo potrebbe essere trasferito in una prigione del Colorado spesso soprannominata “l’Alcatraz delle Montagne Rocciose”, considerata una delle più sicure degli Stati Uniti. Il governo americano l’ha considerato una grande vittoria, una rivincita sul mancato processo al colombiano Pablo Escobar, ucciso nel ’93. Tuttavia, il cartello di Sinaloa, che prende il nome dalle montagne a nord-ovest del Messico da dove proviene El Chapo, è tutt’altro che smantellato. L’altro leader, Ismael “El Mayo” Zambada, è ancora in fuga. Un dettaglio non di poco conto che ha portato la difesa di El Chapo a considerare l’intero processo una “farsa”. 

Nel processo, durato 3 mesi e che ha visto l’audizione di 56 testimoni, è emerso il ruolo centrale di El Chapo, sia nell’esportazione di oltre 155 tonnellate di cocaina dalla Colombia verso gli Stati Uniti, sia nelle violenze commesse per eliminare i cartelli rivali. Nel fascicolo vi erano anche le accuse di corruzione sistematica di polizia, militari e politici (fino all’ex presidente Enrique Pena Nieto che ha sempre negato) per favorire l’impero dei narcos. 

Vita da boss

Non sono mancati i dettagli della vita di lusso sfrenato che El Chapo conduceva, dai viaggi in Svizzera per i trattamenti di ringiovanimento alle infinite giocate nei casinò di Macao e Las Vegas. È stato raccontato che avesse a disposizione quattro aerei, molte residenze, tra cui una lussuosa nella località balneare di Acapulco, uno yacht chiamato “Chapito” e un ranch con il suo zoo e persino un piccolo treno per attraversarlo. 

Diversi testimoni hanno inoltre raccontato le scena dell’orrore in cui lui, personalmente, ha torturato e giustiziato i trafficanti rivali. Inoltre è stato accusato di aver più volte violentato delle minorenni, una pratica che secondo i testimoni riteneva “elisir di giovinezza”.

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