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Cosa ha fatto l’Ue sul clima e cosa farà dopo le Europee

Poche volte le istituzioni europee hanno mostrato così tanto entusiasmo nei confronti di chi le critica come quando, il 15 marzo del 2019, i giovani di tutta Europa sono scesi in piazza per chiedere un cambio di rotta sulle politiche ambientali e la lotta contro il surriscaldamento globale. «Ragazzi siamo con voi! Il parlamento europeo continuerà a battersi per salvare il nostro pianeta», ha twittato il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. «Vi ascoltiamo e stiamo facendo esattamente ciò che chiedete», è stato invece il messaggio della Commissione europea.

COSA È STATO FATTO NELL’ULTIMA LEGISLATURA

Il bilancio della legislazione che si chiude, tuttavia, è in chiaroscuro: l’accordo di Parigi ha visto l’Europa protagonista, ma gli Stati membri sono ancora lontani dal rispettarne gli obiettivi. Il dieselgate ha mostrato quanta siano aggirabili i limiti imposti alle case automobilistiche, la battaglia per lo stop immediato all’uso del glifosato è stata persa, ma oggi ci sono regole più stringenti sull’uso dei pesticidi. «Il potere delle lobby è molto forte», spiega Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi europei, «ma credo che questa legislatura abbia mostrato ampiamente come la possibilità di contrattare esista quando le forze politiche si mobilitano cercando consensi e accordi nel parlamento, anche al di fuori delle maggioranze costituite».

SCONFITTE E VITTORIE SUL CASO DEL GLIFOSATO

Il caso più controverso è quello riguardante la messa al bando del glifosato, un pesticida di largo utilizzo anche in Italia i cui effetti sulla salute sono al centro di diversi studi, anche di enti italiani, che ne sottolineano la pericolosità. Nonostante l’Europarlamento spingesse per la messa al bando immediata del pesticida, la Commissione Ue e gli Stati membri hanno infine deliberato una proroga nell’utilizzo di cinque anni anche sulla base di un report prodotto nel 2015 da Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare. Parte del rapporto, a testimonianza del peso delle lobby industriali, era stato copiato da un dossier presentato da Monsanto, il cui prodotto Roundup è il pesticida più diffuso a base di glifosato. «Ma anche in questa battaglia ci sono state tre vittorie», sostiene Frassoni. La deputata si riferisce in prima battuta al fatto che, dopo la prima proroga, si dovrebbe andare verso la messa al bando definitiva. Inoltre, dopo la sconfitta sul glifosato, sono state approvate normative più rigide sulle autorizzazioni per la commercializzazione dei pesticidi. Infine – la notizia è dello scorso 10 marzo – la Corte di giustizia europea, su ricorso anche di alcuni europarlamentari verdi, ha imposto all’Efsa di desecretare le ricerche scientifiche su cui si basa il report riguardante il glifosato, un altro passo in avanti verso una maggiore trasparenza.

AUTO MENO INQUINANTI, MA QUANTE SCAPPATOIE

Il 27 marzo la Commissione Ue ha anche chiuso il processo legislativo sulla riduzione delle emissioni di autoveicoli e mezzi pesanti. Nel 2030 le emissioni medie dovranno essere del 37,5% inferiori ai limiti per il 2021, con una “tappa” intermedia nel 2025 quando la riduzione dovrà essere del 25%. L’Europarlamento avrebbe voluto un taglio del 40%, la Commissione Ue inizialmente proponeva il 30%. Più in generale, nota Frassoni, «se il tema del dieselgate è stato sottratto al livello nazionale, se è cresciuta la trasparenza, è anche merito dell’Europarlamento». Rimane il fatto, denuncia l’organizzazione indipendente Transport&Environment, che i nuovi paletti sulle emissioni, attraverso il sistema dei bonus per le vendite dei veicoli a zero emissioni o ibridi, potrebbero comunque consentire alle case produttrici di continuare a produrre modelli molto inquinanti. Nel 2016, inoltre, l’Europarlamento aveva bocciato una proposta della commissione europarlamentare Ambiente che mirava a ristabilire i limiti sulle emissioni di ossidi d’azoto annacquati dal Comitato tecnico permanente. In un editoriale dello scorso 7 febbraio, la testata Euobserver ricordava che tra le lobby più forti che agiscono su Bruxelles c’è proprio quella dei costruttori d’auto. «Sapevate ad esempio», scrive Martin Schirdewan, «che i produttori tedeschi Mercedes Benz, Audi, Porsche e Bmw fin dal 2012 hanno fornito alla presidenza di turno dell’Ue veicoli gratis proprio mentre si negoziavano le nuove regole sulle emissioni?».

COSA SI ATTENDE DALLA NUOVA LEGISLATURA

Eppure l’Europa, ricorda Frassoni, rimane un faro nella lotta al cambiamento climatico. L’accordo di Parigi sul clima di fine 2015 che si dà l’obiettivo di ridurre il riscaldamento globale «ben sotto ai due gradi» non sarebbe stato possibile senza l’impegno delle istituzioni europee.

OGGI NESSUN PAESE RISPETTA I LIMITI SULLE EMISSIONI

Le emissioni devono iniziare a calare dal 2020 e «ad oggi – ricorda Frassoni – nessun Paese europeo rispetta i limiti». Trasformare i principi enunciati dall’accordo di Parigi in azioni concrete sarà un lavoro che riguarderà, oltre ai singoli Stati, anche le istituzioni europee.

MENO POTERI DI VETO, PIÙ POLITICHE VERDI

Più in generale – nota Frassoni, che tra i successi di questa legislatura ricorda anche la scelta di portare a livello europeo la discussione e le politiche di sostegno alleconomia circolare – «il tema sulle politiche ambientali si intreccia alla riforma dell’ordinamento europeo: va superato il voto all’unanimità al Consiglio europeo ed estesa la competenza all’Europarlamento su tutti i settori». Dalla questione delle emissioni delle auto al glifosato, non è un caso che le posizioni espresse dall’Europarlamento siano generalmente più avanzate di quelle di Commissione e Consiglio, dove gli interessi dei singoli Paesi prevalgono su un valore più astratto quale quello della protezione ambientale e la lotta al cambiamento climatico.

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