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Donald Trump
Prendere i migranti dal confine con il Messico e portarli nella cosiddette città santuario, quelle che rifiutano di applicare le normative in materia di immigrazione irregolare. Non per proteggerle dalle leggi che prevedono fermo, rimpatrio e carcere in caso di irregolarità, ma come una sorta di ritorsione nei confronti dei democratici che combattono contro la politica anti migratoria del presidente. Sarebbe stato questo, stando a quanto rivelato dal Washington Post, il piano proposto da alcuni ufficiali della Casa Bianca alla Ice, l’agenzia governativa che si occupa di immigrazione e frontiere.
L’idea di Trump: punire le città santuario con i migranti
Secondo il Post, che afferma di aver potuto visionare alcune email, del progetto se ne sarebbe parlato due volte: la prima lo scorso novembre, nei giorni della Carovana partita dall’Honduras;
la seconda a febbraio, dopo il più lungo shutdown della storia statunitense. A testimoniare il tutto ci sarebbe un’email del 16 novembre in cui la Casa Bianca avrebbe chiesto ai funzionari di diverse agenzie se i membri della carovana potessero essere arrestati alla frontiera e poi portati in “città di piccole e medie dimensioni”. Le ragioni addotte, scrive il quotidiano della capitale, sarebbero duplici: da un lato risolvere un problema di carenza di spazi, dall’altra inviare un messaggio politico agli avversari. Una specie di punizione.
A febbraio, poi, il bis: anche in questo caso l’agenzia che gestisce l’immigrazione avrebbe bocciato il piano. Interpellati dal Washington Post, sia la Casa Bianca che il dipartimento statunitense di sicurezza interna hanno affermato che il progetto è stato accantonato.
Che cosa sono le città santuario
Non esiste una definizione univoca per le città santuario statunitensi, perché ogni luogo che si cataloga come tale offre diversi livelli di protezione ai rifugiati. In generale, però, si tratta delle giurisdizioni che pongono limitazioni alla cooperazione con l’agenzia federale che si occupa di immigrazione.
Secondo il Center for immigration studies, a marzo 2019 rientravano in questa categoria otto Stati, tra cui la California, Massachusetts e Illinois. Tra le circa trenta città vi sono anche New York City, Boston, New Orleans, Chicago, San Francisco e Los Angeles, e poi una lunga serie di contee.
Ognuna di queste giurisdizioni applica norme diverse: Vox ne ha spiegato il funzionamento in questo video.
Già durante la campagna elettorale del 2016 il candidato repubblicano aveva promesso di sfidare le città santuario (ecco la lista di tutti i tweet di Trump sull’argomento) e uno dei suoi primi provvedimenti da presidente andò proprio in questa direzione. Il 25 gennaio 2017, infatti, il neo presidente firmò un’ordinanza per tagliare i fondi alle amministrazioni accusate di “violare deliberatamente la legge federale” e di causare “danni incommensurabili al popolo americano”. Il testo è stato giudicato inconstituzionale da un giudice federale della California.
Palermo e le (poche) altre: le città santuario italiane
In Italia non esiste niente di simile, ma una sorta di disobbedienza in tema di norma sull’immigrazione c’è effettivamente stata. Dopo l’entrata in vigore del decreto Salvini, alcuni sindaci italiani si opposero: in cima alla lista dei disobbedienti c’era Leoluca Orlando, il primo cittadino di Palermo, che a inizio anno decise di firmare le richieste di quattro migranti di iscrizione all’anagrafe. Alla sua iniziativa diede sostegno anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e poi i presidenti di alcune regioni come Piemonte e Toscana che ricorsero alla Corte Costituzionale. Sparse per il territorio italiano, poi, c’erano state alcune istanze di chi si era avvicinato alla protesta nata in Sicilia.
“Orlando ha continuato a firmare le richieste, che finora sono state una sessantina – commenta Marika Surace di Cild, (Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili), la rete di di organizzazioni nata nel 2014 – ma Palermo è rimasta l’unica ad aver concretamente fatto qualcosa, pur non essendo una vera città santuario. Va ribadito che, nel nostro caso, non si tratta di prendere le parti dei migranti ma semplicemente di applicare la Costituzione. In generale, però, dopo la levata di scudi di gennaio e febbraio si è fatto poco”.
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