Se l’Europa unita ha tenuto di fronte all’alta marea dei populisti lo si deve – e non in Italia – soprattutto ai Verdi, che a sorpresa avranno un ruolo di punta nel prossimo europarlamento.
Sull’onda delle ultime Regionali gli ecologisti sono emersi come la seconda forza politica (21%) tra i tedeschi: il doppio delle precedenti Europee del 2014 e più del doppio delle Legislative del 2017. Ma il trionfo in Germania non è il loro unico successo: i Verdi si sono piazzati bene anche in Francia, terzo partito con il 13% davanti ai conservatori scavalcati pure nel Regno Unito dagli ecologisti (11%), forti di un buon 15% anche in Belgio. Il presidente francese Emmanuel Macron intende rafforzare gli aspetti ambientalisti del programma di En Marche, ed è chiaro che si può fare ancora di più, complice la spinta del movimento di Greta Thunberg e la sua meglio gioventù. Anche il commissario uscente dell’Ue Margrethe Vestager, leader dei liberali progressisti danesi, invita a «cogliere i segnali che arrivano dai Verdi».
GLI ANZIANI CON I VECCHI PARTITI DI MASSA
I Liberali che hanno mantenuto posizioni di apertura hanno avuto buoni risultati in Paesi come il Regno Unito e la Danimarca dove sono balzati sopra il 20%, Oltremanica superando addirittura i Laburisti: solo con i deputati della loro alleanza Alde, popolari (Ppe) e i socialisti europei (Pse) avranno una maggioranza nel prossimo europarlamento, che se i Verdi saranno della partita sfiorerà i 500 seggi. I liberali premono per coinvolgerli, convinti che per il rinnovamento indispensabile per vincere i sovranisti possa arrivare innanzitutto dai partiti più freschi, dinamici e innovativi. Quanto accade agli ultimi voti in Germania lo dimostra: i socialdemocratici (Spd) precipitati ancora al 15,5% (-12% dal 2014 e -5% dalle ultime Legislative), conservano uno zoccolo duro di elettori 60 e 70enni ex sessantottini, mentre le nuove generazioni dei 20 e 30enni sono proiettate verso il movimento ecologista, il primo partito per loro. Lo stesso trend calante, in misura attenuata, si conferma per l’Unione dei cristiano-democratici e sociali (Cdu-Csu) della Angela Merkel.
I VERDI NUOVO NEMICO DELL’ESTREMA DESTRA
La destra moderata resta la forza più votata in Germania al 29%, ma come l’altro partito tedesco di massa perde colpi sia dalle Europee precedenti (-6%) sia dal voto del 2017 (-4%). Come la Spd la cancelliera e chi verrà dopo di lei attraggono anziani: anche a destra i giovani a questo punto preferiscono gli ultra-nazionalisti di AfD, passati in un lustro dal 7% all’11%. La competizione è tra forze nuove o svecchiate, come i Verdi dal 2018 sotto la dirigenza di Robert Habeck; comunque alternative al sistema di potere usurato – anche a Bruxelles – degli ultimi decenni. Non a caso il leader reazionario di AfD Alexander Gauland, seccato per il risultato inferiore alle aspettative tra i tedeschi e rispetto ai sovranisti in Italia e in Ungheria, ha identificato subito i Verdi come i «principali nemici»: «Ai loro antipodi» e coloro che «porteranno alla distruzione la Germania, se andranno al potere». Archiviate l’Unione di Cdu-Csu di Merkel e la Spd un nuovo “mostro” viene agitato dall’estrema destra, e non solo dello Stato con più eurodeputati a Strasburgo.
GIOVANI DI SINISTRA E LIBERTARI CONTRO AFD
Sui Verdi si stanno arroccando gli europei di sinistra e i libertari. La tedesca Ska Keller, loro capolista e più giovane candidato alla successione del supercommissario Jean-Claude Juncker, ha sottolineato la «grande responsabilità nel tradurre in azione la protezione del pianeta e la lotta per le libertà civili che la gente ci ha chiesto». La battaglia contro i cambiamenti climatici rilanciata da Greta alla vigilia della campagna per le Europee è la parte principale del programma degli ecologisti ma non è l’unica, in particolare per i tedeschi. Il governo saltato in Germania tra conservatori, Liberali (Fdp) e Verdi, del 2017, soprattutto per l’indisponibilità dei liberali a politiche economiche e sui migranti di condivisione nell’Ue, ha permesso agli ecologisti di restare puri. Anzi di essere l’unico partito in Germania a non retrocedere sull’accoglienza, dopo le politiche sociali german first lanciate anche dalla Linke e dalla nuova dirigenza socialdemocratica per i ceti medio-bassi. Per non parlare degli accordi di Merkel sui rimpatri dei richiedenti asilo da zone cosiddette «sicure».
I LAND ROSSI NON A DESTRA MA CON I VERDI
In altre parole, i Verdi non sono stati finora disponibili a compromessi che snaturassero i loro valori, né hanno cavalcato la paura e l’insicurezza sociale provocata dalle crisi tra la popolazione europea come fa la destra creando nemici. Non cercavano voti a destra, anche se alla fine secondo i calcoli ne hanno presi più di un milione anche dalla Cdu e dalla Csu, tra i giovani conservatori che non vogliono mettere in discussione i diritti acquisiti e la libera circolazione nell’Ue. Altrettante preferenze (circa 1 milione e 300mila dalle ricostruzioni) sono arrivati a Ska e Habeck dalla base dei socialdemocratici che – ormai in larga maggioranza – li vorrebbe fuori da coalizioni con Merkel, come chiede da tempo anche la sezione giovanile degli Jusos. Voti ai Verdi – come viceversa in Italia alla Lega – sono arrivati da Land rossi come il Nord-Reno Vestfalia dei distretti operai di Duisburg, perché i tedeschi di sinistra sono stufi della Spd anche nelle sue roccaforti. L’unica a resistere è la piccola città-Stato di Brema, rimasta socialdemocratica anche per le Europee.
MA NELL’EST I VERDI SFONDANO SOLO A BERLINO
In tutte le grandi città tedesche (da Monaco a Berlino, da Amburgo a Francoforte) i Verdi europeisti si sono affermati come secondo partito: dagli ex elettori della Linke, per esempio a Berlino, e dei liberali che per opportunismo scimmiottano i sovranisti, per esempio a Francoforte, è piovuto agli ecologisti quasi un altro milione di voti. Mentre in effetti da ex simpatizzanti di AfD si stimano arrivati 50 mila voti o poco più: non c’è compenetrazione. La prossima sfida dei Verdi è ripetere l’effetto Baviera alle Regionali di settembre e ottobre 2019 nei Land dell’Est che per AfD equivalgono all’Italia della Lega: nelle campagne e nelle province dell’ex Ddr l’estrema destra xenofoba di AfD è il primo partito al 30%. La propaganda dei Verdi risulta aver sfondato anche tra gli operai e i disoccupati (+10%) per decenni socialdemocratici, ma non nell’Est. L’affluenza (al 61%) è stata ai massimi dal 1989 in Germania: un buon segnale, in tanti raccontano di essere andati per «fermare le destre populiste», in crescita come da sinistre previsioni. Guai allora ad abbassare la guardia.
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