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Tate Modern, Londra
L’arte che incontra il voyerismo, il voyerismo che batte l’arte, e proprio da uno dei suoi luoghi simbolo nel mondo: il Tate Modern di Londra. La storia ha inizio quando il prestigioso studio architettonico Herzog & de Meuron, conclude i lavori di una nuova ala del prestigioso museo londinese, una torre alta dieci piani che permette una vista fino a quel momento in ombra da quello che rappresenta uno degli snodi fondamentali del turismo della city.
Il problema sorge quando ci si accorge che dalla piattaforma del decimo piano i visitatori hanno anche la possibilità di poter sbirciare nelle immediate vicinanze, in particolare dentro gli appartamenti del vicino complesso Neo Bankside, progettato dall’architetto Richard Rogers, costo di un singolo appartamento: circa 4 milioni di sterline.
Una situazione insostenibile per i vicini ma particolarmente azzeccata per il museo, la piattaforma in questione infatti risulta piacere moltissimo agli innumerevoli visitatori, che pochissimo conto danno al cartello affisso dai responsabili del Tate di rispettare la privacy dei vicini. Una situazione che non poteva non finire in tribunale; a quel punto le scene descritte e portate sul tavolo del giudice Mann sono esilaranti (non essendone personalmente coinvolti), da saluti a gestacci, fino ad arrivare chiaramente alle foto finite poi sui social, così come racconta Tom Weekes, che segue il percorso legale sulla questione per i proprietari dei quattro appartamenti che si sono rivolti alla legge, e riporta il sito specializzato News.artnet.com “uno dei ricorrenti ha contato 84 persone che guardavano nel suo appartamento e scattavano foto dell’edificio in un lasso di tempo di appena 90 minuti. Inoltre l’uomo ha poi trovato una sua foto su Instagram che è stata pubblicata da 1.027 utenti”.
Ad aggravare la situazione ecco il colpo di genio (ennesimo) dell’artista Max Siedentopf, lo stesso, per capirci, di cui si è molto parlato ultimamente per la sua idea di far risuonare “Africa” dei Toto potenzialmente per sempre nel bel mezzo del deserto della Namibia: piazzare su quella piattaforma dieci binocoli che permettono una visuale ancora più nitida dell’interno degli appartamenti dei ricchi vicini.
“Una risposta alla disputa legale in corso tra la Tate Gallery e gli abitanti del complesso di appartamenti di lusso sui quali la terrazza si affaccia. – dice Siedentopf – Hai finestre enormi per mostrare il tuo lussuoso appartamento, ma a nessuno è permesso guardare dentro…?” e quando gli si chiede cosa ne pensa dell’evidente violazione della privacy risponde: “Penso che i visitatori siano in grado di guardare da un’altra parte”.
Una provocazione dunque, una sfida a chi, approcciandosi al binocolo, avrebbe la possibilità di guardare ad uno splendido panorama su Londra ma cede alla tentazione di spostare lo sguardo verso l’interno di una casa di lusso, con l’ulteriore speranza di sbirciare l’intimità di uno sconosciuto. L’ex direttore del Tate, Nick Serota, una soluzione al problema dei vicini l’avrebbe anche trovata: mettere delle tende.
Ed è così, come scrive il Guardian, che la pensa anche lo stesso giudice Mann, che ha rifiutato l’istanza dei vicini che ora, così come conferma l’avvocato Weeks, pensano ad un ricorso. Il museo dalla sua parte, per stemperare la tensione, ha deciso di ridurre il tempo permesso al singolo visitatore di utilizzo di un binocolo a dieci minuti. Abbastanza, comunque, per scattare qualche foto…al panorama.
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