Furono i postumi di una sbornia a convincerlo ad assumere una dose di 600mg del farmaco al quale fino a quel momento aveva lavorato in laboratorio. Quando lo inghiottì, a Stewart Adams passò il mal di testa; un attimo dopo essere intervenuto lucidamente a un convegno, quello stesso giorno, capì che quell’antidolorifico era efficace e avrebbe potuto alleviare il dolore di altre migliaia di persone. Solo che lui, morto ieri a Nottingham, dovette attendere ben sette anni, più dieci di sperimentazione, prima che l’ibuprofene potesse essere venduto in Gran Bretagna, nel 1969, e poi nel resto del mondo.
Stewart Adams aveva 95 anni, e per gran parte di questi ha lavorato all’antidolorifico che ha reso più serena la vita di tanti. Aveva cominciato la carriera di chimico al dipartimento di ricerca di di Boots, proveniente dalla facolta’ di farmacia dell’università di Nottingham.
Da ragazzo non voleva saperne molto di studiare, e, lasciata a 16 anni, iniziò un apprendistato in una farmacia al dettaglio gestita da Boots. Poi si convinse che era meglio darsi da fare nell’apprendimento sui libri e conseguì una laurea in farmacologia nell’università di Leeds. Resto’ sempre alla Boots, però, di cui divenne il capo del dipartimento ricerca farmaceutica. Alla scoperta dell’antidolorifico arrivò cercando un antinfiammatorio per l’artrite reumatoide, per la quale si cercava sollievo attraverso l’aspirina in dosi alte, i cui effetti collaterali, però, erano intollerabili. L’ibuprofene, da questo punto di vista, rappresentò la svolta.
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