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Europee 2019, tra Macron e Le Pen vince l’astensione

Se le Europee del 2019 segneranno, come dicono i sondaggi, il record di astensione per francesi, il presidente Emmanuel Macron che le ha dichiarate «le più importanti dal 1979» avrà già perso. Poco importa se alla fine, nel duello con Marine Le Pen , la coalizione La République en marche (Lrem) prevarrà sul Rassemblement national (Rn) della leader sovranista.

Nemmeno Le Pen, in caso contrario, potrà intestarsi «l’exploit storico» di una vittoria di riscatto dall’eliminazione al secondo turno alle Presidenziali del 2017. Il chiodo fisso della leader di Rn è tornare a essere «primo partito di Francia», come alle Europee del 2014 quando sfiorò il 25%, piazzando a Strasburgo 23 eurodeputati dei 74 eletti. Senza il ballottaggio è facile presentarsi come l’asso prenditutto ma la verità è che il 22-25% dei voti (sono le percentuali su cui veleggiano Macron e Le Pen) equivalgono a poco più di un quarto degli elettori. L’astensione invece è stimata tra il 41% e il 45%.

ANCHE MACRON GIOCA SULLA PAURA

Il faccia a faccia tra i leader ha irritato i francesi. Macron, alle strette, ha giocato la carta della paura – o En Marche o la fine dell’Ue – ma rincorrere l’estrema destra nella drammatizzazione del voto a scapito dei contenuti potrebbe far perdere ancora terreno a quel che resta delle forze progressiste. Non solo: l’inquilino dell’Eliseo non ha azzeccato nemmeno la scelta della capolista della sua alleanza tra i centristi e Lrem, Nathalie Loiseau, accademica e viceministro degli Esteri, finita in un turbinio di critiche per la sua militanza nel movimento studentesco identitario di estrema destra ai tempi dell’università. Cattolica, Loiseau ha ammesso «l’errore di gioventù» ed è tacciata di tradimento dai sovranisti mentre, per chi è a sinistra di En Marche, è scialba e non è affatto credibile. Macron è anche arrivato a definirsi un «patriota dell’Ue», ma difenderla così com’è lo ha allontanato ancora di più dalle forze della gauche, già marginalizzate da una campagna polarizzata.

DUELLO SENZA CONTENUTI

Quasi nessuno è contento dell’Europa così com’è, anche in Francia la base elettorale progressista si oppone ai sovranisti ma in larga parte critica lo status quo di Bruxelles. Vorrebbe un piano serio di cambiamento, invece Macron ha un vocabolario preso in prestito dai populisti. In più c’è il tasto dolente del nazionalismo: anche la gauche è orgogliosa di essere francese. Oltralpe per molti credere in un’Ue davvero comune e nella condivisione tra popoli europei non annulla l’identità nazionale, svilirla come fa Macron al solo scopo di contrapporsi a Le Pen è un attacco alla grandeur che anche i padri francesi dell’Ue avrebbero volentieri evitato. Per la piega presa dalla campagna elettorale, il voto europeo nella seconda potenza dell’Ue si preannuncia sterile: negli ultimi rilevamenti Le Pen è davanti a Macron di uno scarto minimo, mezzo punto percentuale per Ipsos Game Changers (23,5% contro 23%), un punto per Ifop-Fiducial (23,5% contro 22,5%). I conservatori Les Républicains staccati, tra il 13% e il 14%, sotto il 10% la sinistra divisa.

LA DIASPORA DELLA GAUCHE

Il margine tra i due sfidanti è talmente stretto che rientra nello spettro di errore dei sondaggi, non si possono fare previsioni. È certo invece che i socialisti scissi in due forze, entrambe tra il 4% e il 6%, rischiano di non superare lo sbarramento al 5%, complici anche diversi altri fossati scavati a sinistra. I radicali di Jean-Luc Mélenchon (7,5-9,5%) hanno una lista capeggiata dall’attivista Manon Aubry, distinta dai Verdi (7-9,5%). Anche nella destra sovranista ed euroscettica, al di là di Le Pen che corre con il capolista Jordan Bardella, si sono creati diversi gruppuscoli, alcuni dei quali hanno arruolato dei volti noti dei gilet gialli, ma le percentuali di consenso sono minime, attorno al 4% o addirittura meno. Alliance Jaune, nata da una costola dei gilet gialli, è all’1%. Le Pen è stata abile a candidare millennial nel Rn: a capo dell’organizzazione delle leve del partito, Bardella è un 23enne figlio di immigrati italiani, che diventerà il secondo candidato più giovane nella storia dell’europarlamento e rinsalderà così l’alleanza con la Lega.

IL FRONTE LE PEN-SALVINI

Il capolista del Rn parla italiano e ha espresso più volte entusiasmo per Matteo Salvini. La nipote di Le Pen, Marion Maréchal, 30enne, è fidanzata con il leghista Vincenzo Sofo: anche se ufficialmente in congedo dalla politica, per la campagna delle Europee ha girato l’Italia con il compagno partecipando alle manifestazioni del Carroccio. La zia Marine ha abbandonato l’idea di uscire dall’Ue, ma la moderazione non c’entra: il piano è impossessarsi dell’europarlamento con un blocco sovranista che include la Lega, i tedeschi di AfD, la Fpö austriaca e le altre destre estreme d’Europa. A ragione Macron vede l’Ue «di fronte a un rischio esistenziale», anche la cancelliera tedesca Angela Merkel è preoccupata. Ma En Marche ha perso da un pezzo l’effetto novità del 2017: l’alternativa al meno peggio sembra l’astensione. Anche François-Xavier Bellamy, capolista dei moderati di destra, è ben lontano dal 21% delle precedenti Europee. Come in Italia, anche in Francia le urne si aprono domenica 26 maggio, per eleggere un europarlamentare in più dei 73 dell’Italia. Almeno fino alla Brexit.

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