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Gas: media, Russia brucia gnl in impianto vicino Finlandia

(ANSA) – ROMA, 26 AGO – Mentre i costi energetici nei Paesi
europei salgono alle stelle, la Russia brucia grandi quantità di
gas naturale nel suo impianto di Portovaya, vicino al confine
con la Finlandia: è quanto emerge da un’analisi della società
norvegese Rystad Energy condivisa con la Bbc.
    L’emittente britannica pubblica oggi alcune immagini delle
grandi fiamme che si levano dall’impianto, inclusa una a colori
ripresa da un satellite che mostra la radiazione infrarossa
provocata dalla combustione del gas.
    Secondo alcuni esperti, il gas che brucia era destinato ad
essere esportato in Germania e ogni giorno va in fumo gas per un
valore di 10 milioni di dollari (circa 10 milioni di euro). La
Rystad Energy ritiene che vengano bruciati circa 4,34 milioni di
metri cubi di gas naturale liquefatto (gnl) al giorno
nell’impianto a nord-ovest di San Pietroburgo.
    Sono stati i cittadini finlandesi i primi a segnalare che
qualcosa non andava, dopo aver notato una grande fiamma
all’orizzonte all’inizio dell’estate. Portovaya, spiega la Bbc,
si trova vicino a una stazione di compressione all’inizio del
gasdotto Nordstream 1, che trasporta il gas sotto il mare verso
la Germania. Le forniture attraverso il gasdotto sono state
ridotte a metà luglio e Mosca ha attribuito la riduzione a
problemi tecnici. La Germania, da parte sua, sostiene che si
tratti di una mossa politica legata all’invasione dell’Ucraina.
    Da giugno è stato notato un notevole aumento del calore
emanato dall’impianto, probabilmente causato dalla combustione
del gas naturale. Sebbene la pratica di bruciare il gas in
eccesso sia comune negli impianti di lavorazione – di solito per
motivi tecnici o di sicurezza, spiega l’emittente – ciò che sta
succedendo a Portovaya sorprende gli esperti. Secondo Mark
Davis, amministratore delegato di una società del settore (la
Capterio), probabilmente la decisione di bruciare il gas è
legata a motivi operativi. “Gli operatori spesso esitano a
chiudere gli impianti per paura che possa essere tecnicamente
difficile o costoso riavviarli – ha commentato -, e
probabilmente è questo il caso”. (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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