Pil ed export in frenata
di Gianluca Di Donfrancesco
Manifestanti a Hong Kong si riparano con ombrelli dai gas lacrimogeni
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Lo scontro commerciale tra Washington e Pechino impone un dazio pesante su Hong Kong. Nel primo trimestre dell’anno, il Pil ha fatto segnare il passo più lento da quasi 10 anni, proprio a causa della debolezza delle esportazioni. Secondo le statistiche ufficiali, tra gennaio e marzo è salito dello 0,6% su base annua, la metà dell’1,2% messo a segno nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Nell’intero 2018, la crescita si è fermata al 3%, dal 3,8% del 2017. Non andrà meglio nel 2019: le stime ufficiali puntano al 2-3%, ma Fitch prevede l’1,6 per cento.
Oltre al calo delle esportazioni, che ad aprile sono scese per il sesto mese consecutivo (-2,6% su base annua), pesano anche la frenata degli investimenti e dei prezzi del settore immobiliare, dopo un lungo boom, e la volatilità dei mercati. Ora alimentata dallo scontro con il Governo di Pechino sulla controversa legge sull’estradizione, che ha portato in piazza un milione di manifestanti. Ieri, l’indice Hang Seng ha perso l’1,7%, il calo più forte dal -2,4% del 9 maggio, dopo l’ennesima escalation dello scontro tra Cina e Usa. Oggi, dopo una flessione dell’1,8%, ha recuperato fino alla parità.
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Hong Kong è sempre più attratta dalla spirale delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Washington ha già fatto sapere di essere preoccupata per quanto sta accadendo. Gli Stati Uniti sono un partner fondamentale per la città e ne rappresentano il secondo mercato per l’export dopo la Cina. Ad aprile, però, le esportazioni negli Usa sono crollate del 17 per cento.
In base a una legge del 1992, Washington continua a considerare il territorio dell’ex colonia britannica come un’entità non sovrana ma distinta dalla Cina per quanto riguarda la disciplina doganale, commerciale e fiscale. Un trattamento speciale che l’Amministrazione Trump potrebbe abolire in qualsiasi momento, soprattutto perché lascia aperta una scappatoia alle imprese cinesi. Registrando società paravento a Hong Kong, è infatti possibile sfruttarne lo status speciale per aggirare le restrizioni imposte da Washington sulle importazioni in Cina di tecnologie sensibili e know how dagli Stati Uniti.