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Theresa May
La premier britannica Theresa May è sopravvissuta alla mozione di sfiducia presentata dall’opposizione laburista dopo la sconfitta del suo accordo per la Brexit, ma Oltremanica il caos politico è totale. E il tempo stringe: perché ormai mancano appena 72 giorni alla data prevista per l’uscita, il 29 marzo. La premier lavora a una nuova ipotesi di accordo e lunedì tornerà alla Camera. L’Ue apre a una proroga, che secondo fonti di stampa potrebbe arrivare al 2020. Ma incombe ancora lo spettro del ‘no deal’.
Con 325 voti contrari e 306 a favore, i deputati hanno respinto la mozione presentata dal leader laburista Jeremy Corbyn, che puntava a elezioni anticipate. Martedì May aveva subito la peggiore sconfitta parlamentare di un governo britannico nella storia recente: 432 deputati (tra i quali 118 del suo stesso partito conservatore) hanno votato contro l’accordo Brexit negoziato con Bruxelles, appoggiato solo da 202 deputati. Tuttavia, appena ventiquattr’ore dopo, tanto i ‘Tory’ ribelli che il Dup, piccolo partito unionista nordirlandese che con i suoi 10 deputati tiene in piedi il governo, si sono allineati per non cedere ai laburisti Downing Street e il negoziato sulla Brexit.
L’apertura all’opposizione
“È il momento di unirsi e realizzare quanto deciso nel referendum”. May, ha concluso così il suo messaggio al Paese dopo il voto che ha bocciato la mozione di sfiducia alla Camera dei Comuni. “L’obiettivo è ora trovare un modo per avanzare sulla Brexit. Ritengo sia mio dovere realizzare il desiderio degli elettori e lasciare l’Ue”, ha aggiunto la premier May affacciandosi dalla porta del numero 10 di Downing Street, “è arrivato il momento di mettere da parte gli interessi personali, ho appena avuto incontri con i leader dei nazionalisti scozzesi e del Plaid Cymbrun gallese. Sono delusa che Corbyn si sia tirato indietro ma la nostra porta rimane aperta. È arrivato il momento di unirsi e realizzare il referendum”.
Corbyn vuole il governo
May tornerà in Parlamento lunedì con un piano B e nuove proposte. Ma prima aprirà il dialogo con l’opposizione. Da subito, ha detto dopo il voto: “Vorrei invitare i leader dei gruppi parlamentari ad incontrarmi individualmente, e vorrei iniziare questi incontri stasera”. Ma Corbyn l’ha già gelata: prima ancora di sedersi “il governo deve rimuovere chiaramente la prospettiva di una catastrofe: l’uscita senza un accordo”.
Il risultato della mozione mette in realtà Corbyn sotto la pressione di una parte del partito che vuole un secondo referendum sulla Brexit, un’ipotesi per lui accettabile solo se non si torna a elezioni. Corbyn vuole andare al governo per rinegoziare un accordo che delinei una nuova unione doganale che assicuri una relazione stretta con il mercato unico e protegga impiego e ambiente secondo gli standard europei. I ‘Tory’ euroscettici puntano anche loro riaprire le trattative con Bruxelles, ma vogliono che May cancelli dall’accordo la clausola di salvaguardia per l’Irlanda del Nord che potrebbe lasciare per un tempo indefinito il Regno Unito legato alle strutture comunitarie.
La Ue pronta a una proroga
Comunque sia, la Commissione europea ha chiarito a più riprese che non intende riaprire il negoziato sull’accordo di uscita a cui i 27 hanno dato il via liberà a novembre. Ma tra Londra e Bruxelles i contatti sono serrati anche per evitare lo scenario peggiore, quello del ‘no-deal’. E secondo fonti del ‘Times’, funzionari Ue stanno già esaminando la possibilità di rinviare la Brexit fino al 2020, ben oltre i piani precedenti che prevedevano una proroga di tre mesi, ovvero alla fine giugno.
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