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Il puzzle dei gruppi parlamentari alle elezioni europee 2019

Le operazioni di voto per le elezioni europee 2019 hanno preso il via il 23 maggio e le alleanze tra partiti e movimenti per costituire i gruppi politici del nuovo Parlamento restano tra le principali incognite che pesano sulle nomine e le scelte strategiche che l’Ue dovrà fare.

La creazione di un blocco dei sovranisti guidato dalla Lega di Matteo Salvini, la spaccatura del Partito popolare europeo (Ppe), la formazione del polo liberal-centrista del presidente francese Emmanuel Macron, la ricollocazione del Movimento 5 stelle sono alcuni dei possibili scenari inediti del dopo il voto, con trattative post-elettorali che potrebbero modificare i tratti somatici di almeno cinque gruppi.

L’AGO DELLA BILANCIA VERHOFSTADT-MACRON

L’Alde, formazione liberale e federalista capeggiata dall’ex premier belga Guy Verhofstadt, è destinata a dissolversi e a formare una famiglia politica centrista pro-europea insieme alla pattuglia di eurodeputati macroniani. Sarà probabilmente l’ago della bilancia della prossima legislatura, visto che al Ppe e ai socialisti S&D potrebbero mancare i numeri per costituire da soli una maggioranza parlamentare.

LA POSSIBILE FUORIUSCITA DEL M5S DALL’EFDD

Nella scorsa legislatura l’ex partito di Nigel Farage (Ukip) e il M5s hanno condiviso il ruolo di comprimari dentro il gruppo Efdd (Europa della libertà e della democrazia diretta). Ma i pentastellati sono determinati a creare una nuova famiglia europea più compatta con partner quali il movimento polacco Kukiz’15, i croati di Živi Zid e altri ancora. Si vedrà a giugno se riusciranno ad aggregare almeno 25 parlamentari provenienti da un minimo di sette Paesi con le necessarie affinità politiche, così come prevede il regolamento del Parlamento europeo.

LA CORSA A ENTRARE NEL BLOCCO SOVRANISTA

Fin qui l’azionista di maggioranza dell’Enf (Europa delle nazioni e della libertà) è stato il Rassemblement national di Marine Le Pen, ma dopo le europee sarà la Lega a fare la parte del leone. Nella sua manifestazione a Milano, Salvini è riuscito ad allargare il campo a movimenti in precedenza estranei al gruppo, come il Partito del popolo danese e i Veri finlandesi (nella passata legislatura con i conservatori Ecr), oltre che a partiti fin qui assenti dall’Europarlamento come Libertà e democrazia diretta del ceco-giapponese Tomio Okamura. Ci sono poi i sovranisti esordienti alle europee come gli spagnoli di Vox, che potrebbero essere sensibili alle sirene leghiste.

L’IPOTESI DI UNA FUSIONE CON I TRANSFUGHI DEL PPE

Se si dovesse arrivare all’espulsione del premier ungherese Viktor Orban e del suo partito Fidesz in via definitiva si potrebbe creare una spaccatura nella famiglia politica dei popolari: da un lato i centristi, maggioritari, sempre più attratti dal polo macroniano; dall’altro la destra del partito, minoritaria, che potrebbe rompere per andare con i populisti o i sovranisti. L’espulsione di Fidesz potrebbe infatti anche accelerare la formazione di un gruppo unico dei sovranisti con i transfughi del Ppe, l’Enf di Salvini e Le Pen e i Conservatori e riformisti dell’Ecr, con questi ultimi che riuniscono tra gli altri i polacchi del Pis e Fratelli d’Italia e, stretti tra il polo centrista di Verhofstadt-Macron e il potere d’attrazione di Salvini, rischiano quanto meno di perdere il ruolo di terza forza dell’Europarlamento.

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