(Afp)
Una donna in chador nelle strade di Parigi
Le cifre parlano chiaro, le conclusioni giungono di conseguenza. Secondo l’Economist il terrorismo musulmano in Europa è ridotto ai minimi termini, ormai vicino alla scomparsa. Emerge, semmai, un fenomeno più profondo e più rassicurante anche se meno percepibile: l’assimilazione nella cultura e nella società europee dei musulmani della terza generazione; quelli che ormai sono di lingua madre francese o tedesca (pur spesso mantenendo l’arabo) e per i quali il Nord Africa altro non è se non la terra dei nonni.
Il 90 percento in meno in tre anni
Tutto, secondo l’autorevole settimanale britannico, parte da un dato di fatto. Questo: nel 2015 le vittime degli attentati terroristici di stampo jihadista, nel Vecchio Continente, sono state più di 150. Tre anni dopo, nel 2018, 14. A conti fatti un vero e proprio tracollo di oltre il 90 percento. Se fosse accaduto con una qualsiasi altra forma di violenza sociale si parlerebbe di fenomeno estirpato. Un raffronto: nello stesso anno, e sempre in Europa, i morti per morbillo sono stati 35. Più del doppio.
Dove si nascondono i veri pericoli
Ora, questo non vuol dire che sia possibile abbassare la guardia e pensare ad altro. Sempre secondo l’Economist “la criminalità deve essere affrontata con fermezza dalla giustizia e dai servizi di intelligence”. Il fatto, però, è che bisogna evitare giudizi e interventi tagliati con l’accetta.
“Un atteggiamento di interferenza dal pugno duro alienerebbe ora le simpatie di una serie di comunità la cui collaborazione è necessaria per identificare i potenziali terroristi al loro interno mentre, se messi sulla difensiva, i musulmani rafforzerebbero le loro identità comuni, ritraendosi in una vera e propria segregazione, quella che si vorrebbe evitare”. Gli ambienti in cui l’Isis ha sparso il suo veleno, infatti, sono soprattutto due: la Rete e le carceri. È lì che bisogna prestare attenzione, più che nelle moschee.
L’assimilazione naturale
Soprattutto si bloccherebbe una “trasformazione finora poco notata” in corso nell’Islam vissuto all’interno delle società occidentali. È in corso, sottolinea il settimanale, “un naturale processo di adattamento ed assimilazione che si sta rivelando più efficace dell’azione di qualsiasi governo per contrastare la minaccia posta dall’estremismo islamico”.
Si tratta di una cosa, per l’appunto, naturale: la terza generazione di musulmani trapiantati in Europa “sta giungendo alla maggiore età ed è più emancipata e sicura delle due generazioni che l’hanno preceduta”, “non ne vuol sapere molto di imam che vengono dall’estero e della propaganda violenta jihadista”. Per questa generazione “la fede è sempre più una scelta privata”, ed ascolta le parole di “studiosi di rilievo del Corano che permettono alle convertite matrimoni interreligiosi”, e se è indubbio che spesso si registrino posizioni ultraconservatrici, è altrettanto vero che sull’altra parte dello spettro ci sono quanti hanno idee molto liberali in materia di fede e società.
(foto di Davood Abbasi)
Il rumore della foresta
Addirittura si registrano casi di moschee “gestite da donne” e di congregazioni che “pregano la domenica perché il venerdì i fedeli devono andare a lavorare”. Senza poi considerare che il Congresso degli Stati Uniti ha due rappresentanti donne di fede musulmana, e che musulmani sono i sindaci di Londra e Rotterdam.
Insomma, “i musulmani stanno divenendo nativi dell’Occidente” e questa è senz’altro una buona notizia, Anche perché è la classica foresta che cresce nonostante il fragore di qualche albero che cade.
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