Come suo solito il leader dell’estrema destra austriaca (Fpö) Heinz-Christian Strache avrebbe dovuto partecipare all’internazionale sovranista, lanciata da Matteo Salvini per le Europee del 2019 e radunata a Milano nel weekend prima del voto dal 23 al 26 maggio.
Ma in realtà attiva da anni sotto le insegne del gruppo parlamentare europeo – con la Lega di Salvini e il Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen – della destra xenofoba come il Pvv olandese di Geert Wilders. L’intesa tra Strache e Wilders era perfetta, per la guerra all’islam di entrambi, prima che Salvini rubasse loro la scena, conquistando le copertine del Time. Wilders incitava le piazze degli anti-islamici tedeschi (Pegida) di Dresda, popolate anche da neonazi, mentre Strache sedeva alle tavolate dei leader del Movimento identitario di estrema destra. Il quadretto idilliaco di famiglia si è infranto (anche per il vicepremier italiano del Carroccio) con l’Ibizagate che ha costretto Strache a dimettersi da numero due del governo e che rimanderà l‘Austria a votare a settembre. Ma senza l’affaire russo alle Baleari l’esecutivo avrebbe potuto proseguire all’infinito.
STRACHE CON I NEONAZI INDAGATI PER CHRISTCHURCH
Complice la faccia da salvare alle Europee, il cancelliere Sebastian Kurz leader dei popolari austriaci (Övp) aveva in verità rapporti sempre più tesi con gli alleati della Fpö, e in particolare con il vice Strache e con il ministro dell’Interno Herbert Kickl. Da un paio di mesi aveva assunto su di sé le deleghe ai servizi segreti, altrimenti incaricati di informare direttamente il vicepremier e ministeri dell’Interno e della Difesa in mano alla Fpö. Kurz era in difficoltà con i partner a Strasburgo dei popolari europei (Ppe), per le frequentazioni imbarazzanti emerse sempre più chiaramente tra membri dell’estrema destra della sua coalizione di governo e del Movimento identitario: i giovani estremisti neri condannati in Germania e in Austria per reati penali come costrizione e saccheggio e indagati per incitamento all’odio razziale e apologia di nazismo. Dal marzo 2019, sotto inchiesta in Austria anche per «associazione terroristica», a causa di una donazione sospetta riconducibile nientemeno che all’attentatore delle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, Brenton Tarrant. La patata bollente aveva reso la convivenza tra Kurz e Strache critica, un po’ come in Italia tra Luigi di Maio e Salvini.
I NAZIONALISTI CHE FONDARONO LA FPÖ
Anche in Austria dopo le ultime Legislative del 2017 si erano saldate forze disomogenee, come in Italia M5s e Lega. A forzare la mano era stato, in campagna elettorale, lo stesso leader dei cristiano-democratici: per svecchiare il partito e bloccare in crollo di consensi il millennial Kurz si era agganciato all’onda populista, cavalcando la diffidenza crescente della popolazione verso i migranti. Poi il gioco aveva iniziato a sfuggirgli di mano: anche a Vienna durante la propaganda per le Europee i toni si erano alzati, in un’inevitabile gioco delle parti. Ora, con la crisi di governo, la Fpö ha perso 4 punti dirottati nei sondaggi verso la Övp, ma anticipare le elezioni nazionali si prospetta un boomerang anche per i popolari, che potendo restare presentabili avrebbero continuato a turarsi il naso sulle infiltrazioni risapute. Con la destra radicale i cristiano-democratici austriaci avevano governato anche alla fine degli Anni 90, in una coalizione già allora sfortunata. E frange di vecchi e nuovi ambienti nazisti esistono da sempre nella Fpö: il partito di Strache, nato nel Secondo dopoguerra, ebbe come primo dirigente un ex comandante delle Ss; le cerchie degli ex nazionasocialisti ne furono una componente costitutiva.
GLI IDENTITARI PER HOFER PRESIDENTE
Un’ombra da lì in poi mai dissolta. Nel 2016 il ramo studentesco del Movimento identitario appoggiò apertamente, agli stand e sui social, la corsa alla presidenza della Repubblica del candidato della Fpö Norbert Hofer: nessun grosso scandalo lo fermò, anzi Hofer arrivò allo storico ballottaggio con l’attuale capo di Stato Alexander van der Bellen, verde e indipendente che alla fine la spuntò in un’Austria sinistramente spaccata tra incuranti del passato nazista e indignati della sua ricorrenza. Per le Regionali del 2018 in Tirolo, roccaforte della destra più conservatrice, Strache scatenò le proteste della sinistra per aver sfilato a Innsbruck con una band che evocava coreografie da Terzo Reich: nella Vienna fortino dei socialdemocratici in migliaia dimostrarono, Strache era un «porco nazista», Kurz un «baby Hitler». Ma il cancelliere 31enne, neo insediato, non fece una piega: la Fpö aveva fatto abiura sull’uscita dell’Austria dall’euro e tanto bastava per calmare l’Ue. Il terremoto – alla vigilia delle Europee – è esploso alla diffusione di alcuni media del video dell’incontro alle Baleari tra i leader della Fpö e un’esca che prometteva loro milioni di dubbi finanziamenti russi.
LA CRISI PER I MILIONI DEGLI OLIGARCHI RUSSI
Se non altro il Russiagate viennese porta a galla in Europa tutto il marcio della destra austriaca. Strache e Johann Gudenus (figlio del colonnello negazionista dell’Olocausto, conte John Gudenus, già membro della Fpö nell’ala più a destra) sono a messi nudo. Nelle immagini filmate nel 2017 accettano subito 250 milioni di euro di finanziamenti, non importa di che origine, «vanno tra le donazioni», in cambio di giornali e commesse di autostrade alla sedicente nipote di oligarchi Aljona Makarova. Tanta disinvoltura non si spiega con la trappola dell’abboccamento a una montatura: dovevano esserci stati prima altri colloqui con la Fpö , non a caso in Austria Gudenus è chiamato «l’uomo dei russi». Sposato con una serba, parla russo e frequenta l’ex Urss: per settimane ha imbastito la serata con Makarova, contattando altri ganci. Non la «storia di una sbronza a Ibiza» minimizzata da Strache, che in un altro video nella villa allude a «orge» del cancelliere Kurz «nella stanza delle droghe». L’ex vice si è scusato per i pettegolezzi alimentati, il governo è saltato perciò e per i potenziali soldi della mafia russa all’estrema destra. Non per dei nazisti al governo, ma così va la politica a Vienna.