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Sono in molti in questi giorni a paragonare Volodymyr Zelensky a Beppe Grillo, d’altra parte il comico genovese con il suo Movimento Cinque Stelle ha creato un precedente del tutto inedito, quello del comico che oltrepassa la linea e diventa politico. Ed è quello che succederà presto in Ucraina, dove il giovane Zelensky, famoso come attore comico, diventerà con ogni probabilità il nuovo presidente ucraino.
Gli exit poll parlano chiaro, Zelensky con il suo 30,1% sarebbe il più votato e il 21 aprile sarà quasi certamente lui a sfidare il presidente uscente Petro Poroshenko, fermo al 16,7%, al ballottaggio, e le probabilità di una sua vittoria, come evidenziano molto chiaramente i dati, sono altissime.
Manco a farlo apposta la sitcom per la quale Zelensky è diventato famoso in Ucraina si intitola Слуга народу, ovvero “Servo del popolo”, la storia di un professore di storia che diventa famoso grazie ad un video diffuso in rete dove inveisce contro la corruzione del governo ucraino, e per questo viene prima candidato e poi eletto presidente.
I riferimenti cinematografici non mancano, questo è certo, non ultimo il nostro “Benvenuto Presidente” (in questi giorni nei cinema il sequel), che vede Claudio Bisio nel ruolo di Giuseppe Garibaldi, un cinquantenne che a causa dell’omonimia con il celebre “eroe dei due mondi” viene eletto Presidente della Repubblica, ma l’esempio forse più calzante è quello portato sul grande schermo dal grande Barry Levinson con “L’uomo dell’anno”, ben prima che la saga di Grillo avesse inizio e l’idea di un comico presidente poteva realizzarsi giusto in un film. Trama: l’uomo in questione è Robin Williams, comico di un late show alla Letterman, giusto per intenderci, che sospinto dal suo pubblico, quasi per scherzo, si candida alle elezioni come indipendente, diventando così Presidente degli Stati Uniti. Non è il miglior film di Levinson, che ci ha regalato capolavori come “Good Morning, Vietnam”, “Rain Man – L’uomo della pioggia”, “Sleepers” e (soprattutto) “Sesso & Potere”, e men che meno la migliore interpretazione del compianto Williams, ma resta un esempio perfetto di quanto la politica sia diventata essenzialmente comunicazione e di quanto un bravo comunicatore, uno abituato a stare davanti ad una telecamera, possa ispirare la stessa, o in certi casi maggiore, credibilità di un politico “di mestiere”.
Come finirà la storia di Beppe Grillo non possiamo saperlo. Sappiamo che il Presidente Williams (Allarme spoiler!) si dimetterà, ma non perché incapace. E non sappiamo come andrà a finire la storia di Zelensky i cui trascorsi, comunque, sono molto diversi.
Per Zelensky la politica non è mai stata uno sketch, il suo attivismo è ben noto fin dal 2013-14, quando sostenne con una lauta donazione di 1 milione di hryvnias l’esercito ucraino impegnato nella guerra in Donbass; quando i media ucraini diffusero la notizia i russi non la presero affatto bene, così chiusero gli uffici a Mosca della sua casa di produzione, la Kvartal 95, e vietarono qualsiasi opera portasse il suo nome in locandina, un problema piuttosto grosso per un attore che fino ad allora aveva sempre recitato in russo.
È più quindi la politica a sfidarlo e lui a rispondere a tono: il 31 marzo viene ufficialmente registrato presso il Ministero della Giustizia ucraino il partito “Servo del popolo”, segretario l’avvocato della Kvartal 95 Ivan Bakanov, fondato, dicono i protagonisti, giusto perché in seguito al successo dell’omonima serie tv a nessuno potesse venire in mente di sfruttare il nome a fini politici, fare insomma quello che poi avrebbero fatto loro.
Da lì in poi una crescita costante nelle percentuali, aiutata, come scrive Repubblica, da uno sponsor d’eccellenza: la rete “1+1” del magnate Ihor Holomoisky, latitante all’estero, che in questi giorni non fa che replicare, puntate su puntate, il “Servo del popolo”, dribblando facilmente così il silenzio elettorale imposto per legge.
Zelensky così è libero di diffondere il suo programma: referendum per l’annessione dell’Ucraina a Unione Europea e Nato, lotta alla corruzione, cambiamento della legge sull’immunità presidenziale, riforma del sistema giudiziario e della legge elettorale. Un programma che significherebbe rinnovamento sotto tutti i punti di vista per l’Ucraina, portato avanti con la tipica verve da comico, contro “Il re del cioccolato” (Petro Poroshenko) e “La zarina del gas” (l’ex premier Yulia Tymoshenko), che sarebbero i suoi avversari, e che ricordano la campagna di Grillo contro “lo psiconano”.
Ma soprattutto, ciò che potrebbe condizionare la vittoria di Zelensky è la sua idea di negoziare con la Russia la situazione in Donbass che fa di lui, come scrive il Corriere della Sera, “l’uomo della pace vera con la Russia, visto che è un nuovo arrivato e Vladimir Putin non gli imputa nulla. Con lui lo zar del Cremlino potrebbe anche cedere qualche cosa. E Zelensky potrebbe fare altrettanto, dato che non ha promesso decine di volte di riconquistare anche l’ultimo lembo di Ucraina, come hanno fatto gli altri”.
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