(di Anna Laura Bussa) (ANSA) – ROMA, 08 APR – Quello di “Karibuni”, di Giancarlo Di
Giacinto, è il racconto di una grande storia d’amore. Un amore
per l’Africa che ha accompagnato l’autore per tutta la vita
senza affievolirsi mai.
Di Giacinto ha girato per anni, in lungo e in largo, il
continente africano e ora, complice il lockdown imposto dal
Covid che ha costretto tutti a fare i conti con se stessi, ha
deciso di tornare a rivivere quelle grandi emozioni per tradurle
in un racconto denso ed affollato da offrire anche a chi
quell’Africa non l’ha conosciuta mai. La sua è una testimonianza
preziosa non solo perché comincia negli anni ’60 quando lui,
appena sedicenne, resta un’intera estate nel Ghana dagli zii che
si sono trasferiti lì per lavoro – lo zio Ugo, geometra,
lavorava in un’impresa che costruiva strade – ma anche perché lo
stile della sua narrazione è sempre coinvolgente e mai cinico o
spietato, come a volte lo sono molti libri che raccontano
l’Africa.
“Karibuni”, che significa “benvenuti”, non è un semplice diario
di viaggio, ma una sorta di ‘ponte’ tra la cultura africana,
animista e colorata, e un modo di sentire europeo, decisamente
romantico. Le sue descrizioni non sono mai affettate o banali,
ma sempre cariche di positività. Mangiare cibi sconosciuti e
dormire in una capanna di fango nel cuore della giungla a lume
di candela, ad esempio, è descritta come “un’esperienza
meravigliosa”, “indimenticabile”, perché ciò che gli è rimasto
dentro di quella notte non è il disagio, ma il ricordo di
un’accoglienza “straordinaria” fatta di totale condivisione e
semplicità tra persone che avevano tanto da raccontarsi.
Di Giacinto, infatti, per costruire nel modo più solido questo ‘ponte’ tra culture così diverse, decide di imparare lo swahili
mentre si trova in Tanzania, il paese scelto dopo aver passato
la selezione al ministero degli Esteri per ‘lettore incaricato
locale’. “Studiare lo swahili – racconta – è stato un atto
d’amore” oltre che un “mezzo essenziale” per conoscere questa
parte del mondo. Ed è proprio grazie alla profonda conoscenza
della lingua che stabilisce un contatto più profondo con le
persone che incontra: dal maestro Abdallah, conosciuto a
Zanzibar, all’amica, governante e confidente Marta. Per non
parlare di Madaraka, il figlio del presidente della Tanzania,
Nyerere, che nel 1976 predicava ideali di pace e tolleranza.
Leggendo “Karibuni” si riesce a fare il giro del continente: si
comincia dal Ghana, ma poi si va in Uganda, in Tanzania, in
Kenya, in Somalia – dove Di Giacinto insegna italiano
all’università di Mogadiscio – Eritrea, passando per isole
magiche come Lamu, dalle bianche case in stile arabo con freschi
cortili interni e stanze separate da tende e dagli stretti
vicoli ‘vichochoro’ in cui a stento si riesce a passare una
persona per volta. Il libro è ricco di aneddoti e personaggi ai
limiti del fantastico, fuori dallo spazio e dal tempo, perché
nell’Africa vissuta dall’autore, come dice uno “dei proverbi
ripetuti più di frequente”, la “fretta non porta bene” e spesso
è la ‘magia’ a governare gli eventi.
E’ comunque la natura la vera protagonista di questo lungo
racconto africano. Non solo gli animali presenti ovunque, dai
leoni che si arrampicano sugli alberi agli elefanti grandi come
montagne, ma soprattutto il mare. Quello che si riesce a
guardare dalla finestra in una notte di luna piena e che lascia
senza parole, a quello le cui onde travolgono e confondono.
Le foto color seppia, scelte con cura per trasmettere il vero
senso di ogni peregrinazione, acuiscono l’importanza del
ricordo. Un ricordo che Di Giacinto fa diventare con il suo
libro “Karibuni” patrimonio comune. (ANSA).
Fonte Ansa.it