Un anno prima di Pearl Harbour, nel dicembre del 1940, gli Stati Uniti avevano cominciato a costruire una base militare dove addestrare i propri soldati. Nei suoi cinque anni di attività Camp Barkeley, questo il suo nome, arrivò ad ospitare 50 mila persone, il doppio delle persone che allora risiedevano nel centro abitato più vicino, Abilene.
Oggi la cittadina texana conta quasi 120 mila abitanti ed è appena riuscita a tagliare un traguardo raggiunto in precedenza soltanto da altre otto località statunitensi: nelle sue strade non si vedono quasi più senzatetto. O meglio, non ci sono più i cosiddetti veteran homeless, cioè i reduci di guerra costretti a vivere sull’asfalto perché tornati dal fronte con gravi patologie, prima fra tutte lo stress post-traumatico, che impediscono loro di vivere una vita normale. Tutti hanno trovato un’abitazione.
Non sono solo senzatetto: hanno un nome e una storia
Ad Abilene, una ventina di chilometri da quello che un tempo era Camp Barkeley e oggi sono di nuovo campi coltivati, l’emergenza abitativa dei veterani senzatetto è finita lo scorso febbraio. Merito di un nuovo modello che la combatte, il programma Built for Zero. Lanciato nel 2015, il progetto è coordinato da Community Solutions, un gruppo di lavoro che assiste gli indigenti grazie ai big data: la chiave per risolvere il problema, sostengono loro, sta nell’ottimizzazione delle informazioni. Un po’ sulla scia del modello Walmart: “In qualsiasi momento la società conosce la situazione di ogni singolo pezzo di inventario in tutto il mondo”, spiegano.
Le informazioni che usano loro sono naturalmente diverse, ma altrettanto importanti. Conoscono a memoria la condizione dei senzatetto: sanno come si chiamano, se sono da soli o hanno famiglia, hanno presente la loro storia e le necessità con cui convivono. “Tutte informazioni che finiscono in una lista personale, che comincia con un nome. La gran cosa è proprio questa: trasformare una condizione di vita in una persona” in carne e ossa, ha spiegato al New York Times Angie Walker, difensore civico di Rockford in Illinois, un’altra città in cui l’emergenza senzatetto è stata sconfitta.
Tutti questi dati vengono aggiornati continuamente: Built for Zero raccoglie dalla strada le informazioni, poi le normalizza grazie a uno strumento di valutazione comune e infine le inserisce in un database comune. Così tiene traccia di tutti gli sviluppi relativi ai senzatetto: dalle persone si arriva così ai big data, le grandi quantità di dati che, se analizzati nel modo opportuno, possono aiutare a prendere decisioni più efficaci.
Un modello virtuoso anche dal punto di vista economico
Questi dati servono poi per individuare le situazioni più urgenti, sfruttare al meglio le risorse abitative disponibili, tener traccia dei progressi e velocizzare la diffusione di strategie che si sono dimostrate efficaci: Built for Zero funziona così, consapevole che dare una casa ai senzatetto è anche un vantaggio economico che può far risparmiare il 40% alle casse statali.
Finora nove località sono riusciti a dare una casa ai veterani senzatetto e altre tre quelli cronici: Abilene ci ha impiegato dieci mesi. Nel resto degli Stati Uniti, però, continuano a vivere in strada più di centomila persone che non possono permettersi un’abitazione.
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