Su quella tomba all’Avana, nel 1931, il cagnolino Rinti si lasciò morire di fame e di sete, rifiutando i viveri offerti dai cubani, perché lì era stata sepolta la sua padrona Jeannette Ryder. Lei che, nata negli Stati Uniti, nel 1906 a Cuba aveva fondato la Società di protezione di bambini, animali e piante. Una vita dedicata alla pietà, all’amore verso il prossimo, al filantropismo anche verso gli amici a quattro zampe.
Proprio nel punto della sua sepoltura nel cimitero della capitale di Cuba, lo scorso 7 aprile, è arrivato il corteo di 400 persone che hanno manifestato per chiedere la fine dei maltrattamenti sugli animali nell’isola socialista. Una marcia storica perché, per la prima volta dalla Rivoluzione, la manifestazione non è stata organizzata da un ente governativo.
(Foto Afp)
Detto in altre parole, non era mai successo che a Cuba ci fosse una marcia dei cittadini organizzata in maniera indipendente, senza cioè la leadership di qualche associazione legata al governo. Il partito unico cubano, quello comunista, ha sempre rivendicato l’esistenza di una sola “società civile legittimata” a manifestare, quella espressione del partito stesso.
Quanto accaduto il 7 aprile, una giornata ribattezzata eloquentemente “Dia del Perro”, cioè il Giorno del cane, assume perciò un significato che va oltre alla richiesta di una legge che tuteli gli animali.
La ventunenne Beatriz Del Carmen Hidalgo-Gato Batista, studentessa di comunicazione pubblica e organizzatrice della manifestazione, ha definito la giornata “un evento storico”; per Alberto Gonzalez, l’editore della rivista animalista ‘L’Arca’ che ha aiutato Beatriz a mettere a punto l’evento, è accaduto qualcosa “senza precedenti”.
Gli animalisti di Cuba: “Parliamo in nome di chi non può farlo”
A offuscare in parte il successo della manifestazione c’è però la mancata partecipazione dell’Aniplant, l’unica organizzazione riconosciuta dal governo che si occupa di animali, che ha promosso un altro evento alla fine di questa settimana.
Alla marcia del 7 aprile, infatti, hanno preso parte soprattutto gli attivisti di Ceda (Cubani in difesa degli animali), un’organizzazione fondata nel 2016 che si occupa di “ridurre il numero di animali randagi” nella capitale cubana “promuovendone l’adozione, la sterilizzazione, la vaccinazione” oltre a sensibilizzare la popolazione “per ridurre la violenza” nei confronti di cani e gatti indifesi.
“Parliamo noi per chi non può parlare”, lo slogan degli organizzatori della marcia.
Le condizioni degli animali randagi a Cuba sono disastrose: un documentario del 2016, intitolato Selezione naturale e realizzato da una giovanissima studentesse, Cynthia Cazanas Garin, ha provato a far luce sul destino dei cani che vivono per le strade dell’isola. Soltanto nel 2015 ne erano stati catturati e uccisi 2600, al ritmo di sette al giorno.
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