Danilo Di Mita / Agi
Notre Dame dopo che l’incendio è stato spento
“Lo ricostruiremo” dice il Emmanuel Macron, il Presidente de la Republique, come titola il parigino Le Monde nell’annunciare ai francesi il lancio di una “sottoscrizione nazionale” per ripristinare il Notre Dame, devastata dall’incendio.
Già, il Presidente. Meno popolare di un tempo, In calo di consensi e di credibilità. Meno forte di prima. Come ha reagito dinanzi alle fiamme che hanno invaso e distrutto la Cattedrale, “il simbolo” della Grandeur di Parigi, il tesoro perduto? Il fuoco che divampa, brucia anche la sua stabilità politica. Può essere l’inizio di una fine? Un acceleratore? Tanto più che le fiamme di Notre Dame “divampano sugli schermi di tutto il Pianeta pochi minuti prima di un intervento molto atteso del presidente, che avrebbe dovuto rivolgersi alla Nazione e annunciare nuovi provvedimenti (annuncio di tagli fiscali, ndr) dopo il ‘grande dibattito nazionale’” scrive nel mezzo di una cronaca il Corriere della Sera. E come fa notare anche il New York Times.
“Discorso all’Eliseo annullato – prosegue il quotidiano di via Solferino – Macron va davanti a Notre Dame per dire ai francesi: ‘È la nostra storia, la nostra letteratura. Questa cattedrale noi la ricostruiremo, tutti insieme. Da domani sarà lanciata una grande sottoscrizione nazionale’” come riferito anche da Le Monde.
Va da sé che il presidente francese sia addolorato. Ma “l’incendio di ieri segna il culmine di una crisi dell’identità francese” osserva Aldo Cazzullo in un editoriale sul Corriere della Sera dal titolo “Ma i veri simboli non possono morire”. “Il rogo è scoppiato a causa dell’incuria, e al di là dell’abnegazione dei pompieri i soccorsi sono apparsi fin da subito inadeguati. Pure Macron è stato colto di sorpresa: stava preparando un intervento politico in televisione, ha capito che non poteva parlare d’altro, ma ha tardato a precipitarsi sul posto; dove del resto la sua presenza sarebbe stata letta come una conferma di impotenza, con quei getti d’acqua che parevano fontanelle rispetto alla grandezza della tragedia, mentre il tetto cedeva, la guglia – neogotica, non originale – si spezzava, il cuore stesso di Parigi tremava”.
“Eppure il rogo è per la Francia anche la chance di ritrovare una coesione messa a dura prova dalla crisi economica, dalle incertezze del presidente, da un’opposizione sterile e a volte violenta” scrive Cazzullo. “Da decenni il Paese che ha contribuito a dare al mondo i diritti dell’uomo e all’Europa il sogno della democrazia vive un grand malaise, un malessere che non può essere spiegato soltanto con il calo del potere d’acquisto e la distruzione del lavoro” si legge ancora. “La Francia dubita di se stessa. Una nazione che aveva un impero e si era assegnata un compito sente ormai di non contare molto più di nulla. L’incendio che ha devastato Notre Dame può essere il colpo di grazia; ma può essere anche il segno di una possibile rinascita. Il dolore ma anche l’orgoglio visto nella notte per le strade della capitale lo testimonia” analizza Cazzullo, che poi così conclude: “Con Sarkozy, Hollande, Macron la sacralità della presidenza si è molto perduta. Il re è nudo, e anche la Cattedrale è indifesa. Sta notte i francesi piangono Notre Dame. Però la ricostruiranno. Servirà un altro grande architetto. Serviranno muratori pazienti, venuti da diversi Paesi del mondo. Serviranno le donazioni e le preghiere dei fedeli”.
Emmanuel Macron è arrivato sul luogo dell’incendio intorno alle 20.30. In tarda serata ha tenuto un discorso alla nazione insieme all’arcivescovo di Parigi Michel Aupetit. Chissà, forse davvero oggi “tutto è perduto, fuorché l’onore”, come scrisse il re Francesco I in una lettera alla madre la sera della disfatta di Pavia, il 24 febbraio 1525. E le risposte, da domani, spetteranno, tutte, inevitabilmente alla politica.
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