CREDITKEVIN WINTER / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP
Emilia Clarke, l’attrice che in Games of Thrones interpreta Daenerys Targaryen
Per raccontare certe storie bisogna avere moltissimo coraggio. Non importa se sei un’attrice e interpreti una delle donne più forti, indipendenti e intraprendenti del piccolo o piccolissimo schermo. Emilia Clarke è una donna molto coraggiosa, così come lo è la figura che interpreta, Daenerys Targaryen, nella serie cult di HBO, Game Of Thrones, tratta dai libri “A Song of Ice and Fire” di George R.R. Martin.
Quella che per i creatori è un misto tra Giovanna d’Arco, Napoleone e Lawrence d’Arabia. Emilia Clarke è una donna coraggiosa perché nel 2011, dopo aver terminato le riprese della prima stagione, ha subito un’aneurisma cerebrale che l’ha costretta a lottare per la vita. E due anni dopo ne ha subito un altro, ancora più grave. Pochi giorni fa, sulle pagine del New Yorker, ha deciso di raccontare questa storia insieme ad alcuni aneddoti che riguardano lo show televisivo più amato al mondo, giunto al suo ultimo capitolo.
Uno spogliatoio, la sofferenza, la caduta
A volte le cose peggiori accadono nel momento di massima felicità. Emilia Clarke aveva appena raggiunto l’apice di una popolarità inaspettata quando la sua vita è stata travolta. Le prime puntate di GoT hanno così tanto successo che gestire tanta visibilità diventa molto complicato. Soprattutto se non hai alle spalle esperienza simili. L’attrice sente di dover trovare un modo per combattere lo stress sempre più forte. Così decide di prendere un trainer e di iniziare un percorso fatto di esercizi specifici per curare fisico e spirito. L’11 febbraio del 2011, durante un allenamento, qualcosa va storto.
Durante un esercizio sente qualcosa di strano alla testa, come se “una fascia elastica stesse stringendo il cervello”. Decide di fare una pausa ma una volta tornata nello spogliatoio la situazione precipita: il dolore si fa lancinante, la sofferenza è al massimo. “In quel momento sapevo che il mio cervello si era danneggiato”. Prova a muovere gli arti per scongiurare la paura della paralisi e inizia a ripetere mentalmente le battute di Daenerys per non far assopire la memoria. Poi viene trovata da un’altra donna che la soccorre. L’ultimo ricordo è il suono di una sirena dell’ambulanza che la porta via.
Un passato di lotta e solidità familiare
Quando rischi la vita la prima cosa che ti viene in mente è quella di guardarsi indietro. Quella della Clarke è una famiglia solida. Il papà è un designer del suono che ha partecipato ad alcune importanti produzioni come West Side Story e Chicago. La mamma è vicepresidente di una società di consulenza e marketing.
Nessuno di loro aveva avuto un’esperienza con la fama e la notorietà. Emilia decide di diventare un’attrice ad appena 3 o 4 anni. Lei non lo ricorda, i suoi genitori sì. Salta in piedi alla fine di uno spettacolo, colma di eccitazione, non appena il sipario si chiude. “Mio papà non era contento. Conosceva diversi attori. Tutti nevrotici e abitualmente disoccupati”. Anche per lei gli inizi non sono stati facili. Piccole parti, pochi soldi. Aspettando il ruolo giusto ha lavorato in un pub, in un call center, in un “oscuro” museo dove “il più delle volte indicavo dove fosse il bagno”. In fondo a destra, of course.
La svolta con GoT
Nella primavera del 2010, Emilia Clarke riceve una telefonata dal suo agente. La HBO cerca nuovi interpreti perché il primo episodio pilota di Game Of Thrones non ha convinto. Vogliono provare altri attori. Cercano una donna misteriosa, quasi ultraterrena, con i capelli molto chiari, argentei. “Io ero inglese, avevo i capelli scuri, ero un po’ curvy”. Mentre si prepara per il provino, ricorda di aver avuto la pressione sempre debole, una bassa frequenza cardiaca e vertigini continue. Segnali facili da ignorare per chi, poco più che ventenne, non aveva mai avuto grossi problemi di salute. L’audizione, in un auditorio buio a Soho, è buona. Vola a Los Angeles per l’ultimo atto.
Alla fine del provino decisivo, chiede a Benioff se volesse vederla in altri panni. “Posso fare qualche altra cosa?”. La risposta è spiazzante: “Puoi ballare”. Pur essendo consapevole dei propri limiti, Clarke decide di accontentarlo: “Ho fatto il robot e una specie di pollo funky. Solo dopo mi sono resa conto che avrei potuto rovinare tutto”. E invece no. L’autore rimane colpito dal talento e dall’intraprendenza di quella piccola donna inglese. La parte è sua. Il resto è già storia della televisione.
La diagnosi
Ma cosa colpì Emilia Clarke in quello spogliatoio? La risposta non è confortante: emorragia subaracnoidea (SAH). Un tipo di ictus causato da un sanguinamento che avviene nell’area compresa tra l’aracnoide e la pia madre, due membrane che circondano il cervello. “Avevo subito una rottura arteriosa. Ho scoperto solo in un secondo momento che circa un terzo dei pazienti SAH muore immediatamente o nei momenti direttamente successivi alla crisi. Per quelli che sopravvivono è necessario un trattamento urgente per sigillare l’aneurisma. Un secondo sanguinamento potrebbe essere letale”. L’attrice inglese subisce un intervento urgente di tre ore dove “il mio cervello è stato riparato. Mi hanno spiegato che le prime due settimane successive sono decisive. Se passano senza che si manifestino ulteriori danni si hanno grandi possibilità di avere una ripresa quasi totale”. A ventiquattro anni, tutto questo, non è certamente una cosa facile da affrontare.
E anche la ripresa non lo è. “Venni colpita da afasia. Mi chiedevano il mio nome completo ma non lo ricordavo. Dicevo parole senza senso”. Per chi fa quello di mestiere, l’incubo peggiore. “Mi dicevo: io sono un’attrice. Ho bisogno di ricordare le mie battute. Al limite della disperazione chiesi allo staff medico di lasciarmi morire”. L’afasia dura una settimana. Emilia Clarke lascia l’ospedale dopo un mese. Poche settimane prima del ritorno sul set di Game of Thrones. “Mi avevano avvertito, però, che c’era un altro piccolo aneurisma nel cervello, dall’altro lato. E poteva scoppiare in qualsiasi momento”. Piccolo, dormiente, per ora da tenere sotto controllo.
Il ritorno e il secondo aneurisma
Recitare è difficile. Clarke racconta di prendere la morfina tra le varie interviste e di sentirsi spesso debole e insicura. “Avevo una spossatezza mai provata prima. Moltiplicata per un milione”. Il primo giorno di riprese, nei Balcani, in lei vince la voglia di lavorare al più grande progetto mai avuto tra le mani. La notorietà è alle stelle. Le critiche, quasi tutte positive, esaltano quella eroina così contemporanea. “Ma dopo l’ultimo ciak di quella prima giornata ho faticato ad arrivare all’hotel per lo sfinimento”. Nessuno dei fan si è mai accorto di nulla: “È stata la stagione peggiore per Daenerys. Io sentivo di poter morire da un momento all’altro”. Nel 2013 il dolore è sempre più forte.
Tanto che l’attrice rinuncia ad un ruolo a Broadway. A New York, durante una visita, arriva la nuova brutta notizia: il problema al cervello è cresciuto, l’operazione è diventata necessaria. E stavolta non tutto va come avrebbe dovuto. Il sanguinamento è copioso. Tanto che si rende necessaria una seconda operazione, stavolta agendo sul cranio, senza perdere tempo. “Il recupero è stato più doloroso di una delle guerre combattute da Daenerys”. Alcuni pezzi del cranio dell’attrice vengono sostituiti da pezzi di titanio, una lunga cicatrice, ora nascosta, le attraversa la testa.
Clarke passa un altro mese in ospedale con la paura di ricadute e di conseguenze sulla memoria e sulla vista. “La mia mente ha bloccato quei giorni bui. Quasi non li ricordo”. Ma è per questo che oggi, dopo tanti anni, Emilia ha deciso di raccontare la sua storia. Perché ricorda di essersi aggrappata con forza all’idea di salvarsi. Di farcela. Di continuare. E anche ora che ha recuperato pienamente, non ha dimenticato quei giorni.
“Mi sto dedicando a un ente di beneficenza. Si chiama Same You e ha lo scopo di aiutare e fornire cure a tutte le persone che si stanno riprendendo da lesioni cerebrali o ictus”. Insomma, a poche settimane dall’inizio della fine di Game of Thrones, quella di Emilia Clarke è una storia a lieto fine che potrà essere di grande conforto a chi, invece, si ritrova all’inizio di un percorso molto difficile.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.