Mohd Rasfan / Afp
Un’atleta con l’hijab
Dopo un’ondata di proteste, il colosso dell’abbigliamento sportivo Decathlon ha sospeso la vendita dell’hijab da corsa nei suoi punti vendita in Francia. Il gruppo ha interrotto la produzione dell’articolo dopo essere stato bersagliato da “insulti e minacce senza precedenti”. Proposte di boicottaggio dei capi di Decathlon sono arrivati anche da politici, i quali sostengono che l’hijab è contrario ai valori secolari della cultura francese.
“Ecco perché interrompiamo la vendita”
Solo martedì il gruppo di abbigliamento sportivo aveva annunciato la vendita dell’articolo, nato su richiesta delle runner locali. “Abbiamo preso la decisione di interrompere la vendita di questo articolo sul mercato francese”, ha dichiarato a radio RTL Xavier Rivoire, portavoce di Decathlon.
L’intenzione iniziale del colosso, aveva spiegato nei giorni scorsi Rivoire, era quella di “rendere lo sport accessibile a tutte le donne del mondo. E’ quasi un impegno sociale, se permette ai podisti di correre, lo assumiamo con serenità”. Il piano era quello di immetterlo nei mercati di 49 Paesi da marzo, mentre in Marocco è già in vendita.
Le proteste, in un certo senso, sono arrivate a sorpresa considerando che Nike ha lanciato l’hijab sportivo in Francia nel 2017. Ma la differenza questa volta è che Decathlon è un marchio francese. E così la società si è vista arrivare più di 500 tra email e telefonate di protesta, mentre in alcuni punti vendita i commessi sono stati insultati e minacciati pesantemente.
I politici contro l’hijab
Diversi i politici che si sono scagliati contro l’hijab da corsa (quello non sportivo in Francia è consentito negli spazi pubblici ma è vietato dal 2004 a scuola e in alcuni edifici). Marine le Pen ieri ha pubblicato una foto dell’hijab su Twitter commentando “Decathlon: Islamismo al massimo”, con tanto di emoji rosso di rabbia.
#Décathlon : À FOND L’ISLAMISME ! MLP pic.twitter.com/jeyYgSMbN2
— Marine Le Pen (@MLP_officiel) 26 febbraio 2019
Ma la leader del partito di destra Front National, non è l’unica a essersela presa con Decathlon: la ministra della Sanità, Agnés Buzyn, ha detto ai microfoni di Rtl che si tratta di un prodotto “non proibito dalla legge”. “Rappresenta però – ha aggiunto – una visione della donna che non condivido. Avrei preferito che un marchio francese non promuovesse il velo”.
Ancora più dura è stata la portavoce de La Republique En Marche, il partito del presidente Emmanuel Macron, Alba Bergé. “Lo sport emancipa, non sottomette. La mia scelta di donna e cittadina sarà quella di non dare più fiducia a un marchio che ha rotto con i nostri valori. Chi tollera le donne nello spazio pubblico solo quando si coprono non ama la libertà”, ha affermato. Altri politici si sono unite a lei nella richiesta di “boicottare” il marchio. Immediata la risposta via twitter di Decathlon: “Il nostro obiettivo è semplice: offrire un capo sportivo senza dare giudizi”.
Gli altri hijab da corsa
In occasione della festa delle donne del 2017 Nike aveva lanciato sul mercato il velo per lo sport, un hijab in materiale super tecnico, traspirante e modellabile. L’hijab sportivo rispondeva a un’esigenza a lungo trascurata: le atlete musulmane sono costrette a indossare i capi tradizionali in cotone, tessuto che trattiene il sudore e l’umidità. Prima ancora di Nike altre case di abbigliamento sportivo avevano offerto una versione sportiva dell’hijab, come Capsters, Resporton-Hijab e Friniggi.
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