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Lo shutdown non è finito: è solo sospeso

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OLIVIER DOULIERY / Consolidated News Photos / dpa Picture-Alliance

Donald Trump

Alla fine Donald Trump ha dovuto cedere, firmando un provvedimento per porre fine allo shutdown che non contempla i soldi per la costruzione del Muro al confine con il Messico.

Una vittoria politica per i democratici, che ora controllano la Camera. “Non c’è stata in alcun modo una concessione”, si è difeso il Presidente via Twitter, avvertendo che si tratta solo di una pausa di tre settimane perché, se entro il prossimo 15 febbraio non sarà trovata un’intesa, sarà punto e a capo.

Il blocco più lungo della storia americana

In assenza di un accordo, Trump potrebbe decidere di dichiarare l’emergenza nazionale per ottenere i fondi bypassando il Congresso perché sullo shutdown “ha imparato la lezione”, almeno secondo il leader di minoranza al Senato, Chuck Schumer.

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Il blocco parziale dell’attività federale è stato il più lungo della storia Usa: è andato avanti per 35 giorni durante i quali circa 800.000 dipendenti pubblici, controllori di volo ed Fbi compresi, sono rimasti senza stipendio.

Il braccio di ferro con Nancy Pelosi

Trump aveva chiesto 5,7 miliardi di dollari per il Muro per firmare la Legge di bilancio del governo. Ma la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, è stata irremovibile, mettendo Trump in un angolo, negandogli anche la possibilità di tenere il discorso sullo Stato dell’Unione in Aula, come vuole la tradizione, ovvero facendogli perdere una audience da quasi 50 milioni di telespettatori.

Annunciando l’accordo dal Giardino delle Rose della Casa Bianca, Trump ha assicurato che i dipendenti pubblici non pagati riceveranno il salario “molto presto”. Dopo il via libera di Senato e Camera, Trump ha firmato il provvedimento a porte chiuse.

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