In uno storico incontro, nella capitale marocchina Rabat, “benedetta” dalla prima pioggia dell’anno, Papa Francesco e il re Mohammed VI hanno stipulato un’alleanza contro gli estremismi – considerati “un’offesa a Dio” – e firmato un documento per “preservare Gerusalemme come luogo e patrimonio comune dell’Umanità”. Si chiude così la prima giornata della visita del Pontefice in Marocco, 34 anni dopo il discorso a Casablanca di Giovanni Paolo II e “ottocento dopo l’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil”. Lo ha ricordato Francesco nel suo discorso nella Spianata della Moschea Hassan, dove lo hanno ascoltato in 12.000, sotto una pioggia battente, e oltre 130.000 lo hanno seguito attraverso i maxi-schermi installati in tutta la città.
La folla non solo ha occupato l’Esplanade ma ha anche accompagnato il Papa lungo i suoi spostamenti. Nel serpentone umano ai lati della strada era rappresentata la varietà del popolo marocchino, dai migranti africani ai turisti cristiani.
L’appello per Gerusalemme
“Il coraggio dell’incontro e della mano tesa sono una via di pace e di armonia per l’umanità, la’ dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione”, ha affermato il Pontefice. Sono gli stessi principi che hanno portato le due autorità religiose, il re del Marocco è considerato anche “Comandante dei credenti”, a lanciare un appello per Gerusalemme. “È importante preservare la Città santa di Gerusalemme/Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo”, si legge nella dichiarazione siglata poco dopo la cerimonia di benvenuto.
Il messaggio è chiaro, specie in un momento in cui in quella terra la tensione cresce ogni giorno, spinta anche dalle fughe in avanti del presidente americano, Donald Trump, in appoggio al premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Non è caso che nel suo discorso il re abbia sottolineato come “il dialogo tra le religioni di Abramo (ebraismo, cristianesimo e islam) è manifestamente inadeguato oggi”.
Papa Francesco e re Mohammed VI
Mohamed VI ha evidenziato che il radicalismo, religioso o di altro tipo, “si fonda sull’ignoranza dell’altro, sulla mancanza di conoscenza dell’altro, sulla mera ignoranza”. E per favorire il dialogo è stato creato l’Istituto Mohammed VI per la formazione di imam, predicatori e predicatrici, visitato nella giornata dal Pontefice. “È indispensabile opporre al fanatismo e al fondamentalismo la solidarietà di tutti i credenti, avendo come riferimenti inestimabili del nostro agire i valori che ci sono comuni. In questa prospettiva – ha spiegato il Papa – sono lieto di poter visitare l’Istituto Mohammed VI per imam, predicatori e predicatrici, voluto da Vostra Maestà, allo scopo di fornire una formazione adeguata e sana contro tutte le forme di estremismo, che portano spesso alla violenza e al terrorismo e che, in ogni caso, costituiscono un’offesa alla religione e a Dio stesso”.
“Una società che perde compassione è una madre sterile”
Francesco, nel suo discorso, ha raccolto anche gli appelli lanciati nei giorni scorsi dai vescovi marocchini per la libertà religiosa nel Paese e per la maggiore protezione dei migranti. A quest’ultimi ha dedicato una visita nella Caritas Diocesana della capitale. “Noi crediamo che Dio ha creato gli esseri umani uguali in diritti, doveri e dignità e che li ha chiamati a vivere come fratelli e a diffondere i valori del bene, della carità e della pace. Ecco perché la libertà di coscienza e la libertà religiosa – che non si limita alla sola liberta’ di culto ma deve consentire a ciascuno di vivere secondo la propria convinzione religiosa – sono inseparabilmente legate alla dignità umana”, ha spiegato.
Bergoglio si è poi più volte soffermato sulla crisi delle migrazioni. “Una ferita grave e grande, che grida al cielo”, l’ha definita incontrando un’ottantina di migranti nella Caritas diocesana. “Non vogliamo che l’indifferenza e il silenzio siano la nostra parola”, ha aggiunto. Perché “una società che perde compassione è una madre sterile”.
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