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L’Odissea dei migranti minori non accompagnati in Europa

Feven è il nome di fantasia di una ragazza eritrea, ha 17 anni e si trova in un rifugio per migranti senza documenti ad Amsterdam. Saron, una mediatrice e volontaria sua connazionale, l’ha trovata alla stazione. «Quando l’ho incontrata mi ha detto che era fuggita dal centro di accoglienza perché aveva paura di essere rimandata in Italia», racconta Saron a Lettera43.it. Feven è sbarcata quando aveva 15 anni ad Augusta, Sicilia, nel marzo 2017 ed esattamente un mese dopo è arrivata in Olanda dove si è presentata al servizio immigrazione. In quanto minorenne è stata dirottata in un centro per minori non accompagnati e le era stato assegnato un tutore. Poco dopo però è arrivata la doccia fredda: secondo i dati inseriti in Eurodac, il database delle impronte dei migranti attivo dal 2015, Feven era maggiorenne, nonostante il suo aspetto fosse e sia senza dubbio quello di una bambina.

L’ESERCITO DEI MINORI IRREPERIBILI

Secondo una inchiesta di Argos (una casa di produzione di podcast di inchiesta olandese) andata in onda sulla radio olandese Npo sabato 4 maggio, il caso di Feven non sarebbe isolato. Decine, forse centinaia, di minori non accompagnati sarebbero finiti in strada per un errata registrazione avvenuta in Italia. Questa e altre storie sono state raccolte dal progetto realizzato in collaborazione con Irpi Lost in Europe che cerca di ricostruire cosa accade ai minori stranieri non accompagnati che improvvisamente diventano ‘irreperibili’: in Italia sono 5 mila – secondo i dati del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali al 31 dicembre 2018 – in Europa il doppio.

LA “TRAPPOLA” DI EURODAC

Alcuni di questi, è il caso di Feven, non rientrano nemmeno in queste statistiche perché in Eurodac vengono registrati come adulti. E una volta entrati nel database, è difficilissimo tornare indietro e correggere i propri dati anagrafici. Spiega Mark Klaassen, docente di Diritto migratorio presso l’Università di Leida e consulende del governo olandese: «Eurodac è un database in cui tutti i dati dei richiedenti asilo vengono archiviati all’arrivo in Ue. Se un richiedente asilo sbarca in Italia, di solito viene registrato in quella banca dati, i Paesi Bassi poi procedono con le verifiche». Con il regolamento di Dublino è possibile rimandarlo nel Paese di primo approdo e le informazioni che riguardano la persona sono quelle registrate in Eurodac. «L’intero sistema di Dublino», prosegue Klaassen, «è basato sulla fiducia tra Stati. Si dà per scontato che l’età registrata da un altro Stato membro sia corretta».

Purtroppo la fiducia non sempre basta. «Se il minorenne arriva con un gruppo, vuole rimanerci», spiega Karen Mets di Save the Children Olanda, «a costo di dichiarare di essere maggiorenne. Spesso la polizia di confine o le prime persone con cui il minore entra in contatto pur trovandosi di fronte a un 11enne lo registrano come adulto per evitare di fare lo sforzo di mettere in moto i servizi per i minori. E questo accade tanto più se è il ragazzino a dire di avere 18 o 19 anni». «Accade molto spesso che i ragazzi, spinti dal passaparola o dai trafficanti, siano portati a dichiarare più della loro età», conferma a Lettera43.it il Cir, Centro Italiano Rifugiati, «perché pensano di essere meno monitorati in un centro come adulti. Non viene loro spiegato quanto sia meglio essere classificati come minorenni».

IL CAOS DELLO SBARCO E LA MANCANZA DI INFORMAZIONI

«Quando siamo arrivati in Italia», ha raccontato Feven ad Argos, «prima di darci cibo e acqua, ci hanno messi in fila. C’erano un sacco di poliziotti e ho dovuto dare la mia impronta digitale. Nemmeno mi hanno guardata», ha proseguito la ragazza, «mi hanno detto solo: “Okay, ok, data di nascita”. Dopo poche ore, sono arrivati con il dispositivo per le impronte digitali». «Si può immaginare quanto caotico sia il momento», sottolinea Valentina Ranaldi dell’Unhcr, «a volte arrivavano 800 persone tutte insieme. Persone che hanno viaggiato per giorni e che hanno bisogno di una doccia e di cibo, non ascoltano quando ricevono le informazioni o non capiscono l’importanza di dire la verità sulla loro età. O più semplicemente non la conoscono oppure la devono convertire dal calendario giuliano a quello gregoriano».

IL VIAGGIO DEI PICCOLI ERITREI

I minori eritrei rappresentano un caso a parte e non sono particolarmente “graditi”. Questo perché i centri iniziano a essere pagati dopo il terzo giorno di permanenza dell’ospite, ma loro difficilmente restano il tempo necessario. In 10 ore riescono ad attivare una rete in grado di portarli altrove. Osvaldo Costantini antropologo de La Sapienza studia da molti anni la comunità eritrea in Italia. «Bisogna considerare che la migrazione eritrea ha diversi strati. C’è quella che dal 1999 a oggi ha portato a lasciare il Paese circa 550 mila persone, un decimo della popolazione totale. E una più antica che risale agli Anni 60, 70. Per questo è molto lucrativo per i trafficanti: non solo possono ricattare i nuovi arrivati, ma anche coloro che si trovano da decenni in Italia, una sorta di “zii d’America”». E i minori? «Principalmente scappano da soli, non sono mandati dalla famiglia», continua Costantini. «Si trovano in gruppo ad Asmara e decidono di partire per Kartoum magari gratis perché qualcuno di loro ha delle conoscenze. Poi una volta in Sudan chiamano la famiglia e chiedono la cifra per il viaggio in Italia che si aggira sui 7 mila euro». Arrivati in Sicilia, in ogni capoluogo di provincia c’è chi li aiuta a raggiungere Roma dove si trovano storiche comunità che provvedono a tutto».

I bambini sono quelli di cui si perdono le tracce più velocemente. Secondo le statistiche fornite dal dipartimento Immigrazione del ministero del Lavoro gli eritrei sono tra i minori che più frequentemente si rendono ‘irreperibili’, al secondo posto dopo gli egiziani: erano il 12% del totale nel 2014, il 21% nel 2016, il 15,9% nel 2017 e il 14,9% del totale nel 2018. E parliamo solo di quelli registriati come minori. Per quanto riguarda il totale degli sbarchi, i minori sono stati oltre 3 mila nel 2018 contro i quasi 7 mila nel 2017, l’anno in cui è arrivata Feven.

LA RETE DEI TRAFFICANTI DI TERRA

Abraha Toulde è stato mediatore, volontario ed è conosciuto come nemico numero uno dei trafficanti di terra a Catania. Grazie alle sue segnalazioni la polizia è riuscita ad arrestarne diversi. È arrivato nel nostro Paese nel 1974 per fuggire dalla guerra con l’Etiopia. «Un paio di anni fa vedevamo tantissimi minori eritrei qui a Catania», ricorda. «Anche piccolissimi di otto, nove anni, quelli di 13, 14 poi non si contavano. Cosa succedesse loro non lo so, arrivavano a Roma alla stazione Tiburtina e poi sparivano». Ma chi sono i trafficanti di terra e come si organizzano? «In genere si tratta di migranti arrivati da almeno due anni che risiedono a Mineo o in altri centri. Sanno quando è in arrivo un grosso sbarco, sono in contatto con i trafficanti in Libia». Chi è appena arrivato ha bisogno di qualcuno con i documenti per farsi mandare i soldi, prosegue Toulde, un “servizio” che costa al migrante il 20 o il 30% della cifra. Sono sempre loro ad acquistare i biglietti del treno per Roma o Milano, e sempre con un ricaro del 300%.

L’Ong olandese Wereldhuis (Casa del mondo) che si occupa di migranti senza documenti dice che da gennaio alla sua porta arrivano ogni giorno 50 eritrei molto giovani. «E non sappiamo quanti rimangono in stazione», aggiunge contattata da Argos Geeske Hovingh di Weerldhuis. E per strada il rischio è che siano risucchiati dal crimine: dalla tossicodipendenza alla prostituzione. Un’altra Ong, Vluchtelingenwerk, ha fatto una stima degli eritrei dai 18 ai 25 anni respinti a causa di Dublino: sono stati 650 negli ultimi cinque anni. Ma quanti di questi sono stati erroneamente registati come adulti quando erano minori? Non è possibile saperlo.

Intanto Nidos, l’organizzazione dei tutori olandesi che si occupa dei migranti che si dichiarano minorenni quando entrano nel Paese, ha deciso di ignorare Eurodac. «Quello della fiducia interstatale non è un metodo scientifico che tutela il minore», è la convinzione. E se il minore vorrà battersi legalmente per vedere riconosciuta la sua vera età Nidos non interromperà il servizio di tutoraggio. Ma la strada non è in discesa. L’avvocato di Feven, Geschreeuwd Greve, ha chiesto per la ragazzina l’accertamento dell’età tramite esami medici, ma l’amministrazione olandese è stata molto ferma: «Vale la fiducia interstatale». Dopo 18 mesi però il regolamento di Dublino decade e Feven potrà presto richiedere asilo politico. Come adulta, però, anche se ha 17 anni, se avrebbe voluto andare a scuola e avere la possibilità di far arrivare in Olanda la madre e il fratello. Perché come conclude la sua interprete Saron: «Tutti i bambini vogliono stare con la loro mamma».

* In collaborazione con Argos

Fonte

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