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Ora Benjamin Netanyahu rischia seriamente di non essere rieletto

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Nel pieno di una infuocata campagna elettorale è sul fronte giudiziario che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu deve affrontare il macigno più grande sulla via di una possibile rielezione: il procuratore generale d’Israele, Avichai Mandelblit, ha confermato che intende procedere con l’incriminazione per corruzione nei confronti del premier.

Tre indici puntati

Mandelblit, in una dichiarazione diffusa dal ministero della Giustizia, ha precisato che la decisione segue le raccomandazioni degli inquirenti a proposito di tre casi specifici di cui Netanyahu è protagonista, cui seguirà un’audizione finale nella quale il leader del Likud avrà modo di difendersi. 

Nel primo, come specificato dal Procuratore generale, si ipotizza la corruzione nel caso Bezeq, nel quale il premier è accusato di aver lavorato per assicurare una politica governativa favorevole agli interessi di Shaul Elovitch, proprietario dell’azienda delle telecomunicazioni  Bezeq, in cambio di una copertura mediatica positiva da parte del sito di notizie collegato. Nel secondo, il cosiddetto caso 1000 (frode a abuso di fiducia), il premier e la sua famiglia sono sospettati di aver ricevuto doni di lusso da persone facoltose in cambio di favori finanziari o personali: tra i regali, sigari di lusso, champagne e gioielli per un valore di oltre un milione di shekel (ossia 243 mila euro).

Il terzo caso riguarda invece la ricerca di un accordo con l’editore del quotidiano Yedioth Ahronoth per avere una copertura mediatica positiva in cambio di una legge che avrebbe limitato il giornale concorrente Israel Hayom.

Nessun rinvio

Il tentativo del Likud di far spostare con un intervento presso la Suprema Corte la decisione del Procuratore generale a dopo il 9 aprile, giorno in cui in Israele si apriranno le urne, è fallito. Mandelblit già lo scorso primo febbraio aveva risposto negativamente alla richiesta del premier di rinviare il procedimento di incriminazione: il procuratore generale aveva argomentato in una lettera inviata al capo del governo che fermare il cammino della giustizia equivale ad una violazione del principio per cui ogni persona è uguale davanti alla legge.

Il clima politica è ovviamente infuocato. In una drammatica dichiarazione diffusa dalla televisione, Netayahu ha parlato di una “caccia alle streghe” volta a rovesciare il suo governo, e ha affermato che “tutte queste accuse finiranno per collassare”. Pertanto, ha assicurato, intende rimanere primo ministro “ancora per molto tempo”. Per quello che riguarda la decisione della Procura generale, secondo il premier “la pressione della sinistra ha funzionato”.

Fino a 10 anni di carcere

La leader dell’opposizione, Shelly Jachimowich, ha subito chiesto le dimissioni del premier: “Da questo momento in poi Netanyahu combatte per la sua sopravvivenza politica e non può più battersi per la vita dei cittadini del suo Paese”, ha scritto la leader laburista su Twitter. “Non è nella condizione di fare il presidente del Consiglio, e neanche di presentarsi alle elezioni”.

 Benjamin Netanyahu (afp)

Se il premier venisse effettivamente condannato per corruzione, rischierebbe fino a 10 anni di carcere, anche se è improbabile che gli verrebbe comminata la pena massima. Sarebbe la prima volta nella storia di Israele che un capo di governo in carica verrebbe incriminato. Nel 2008, l’allora leader dell’opposizione Netanyahu aveva spinto Ehud Olmert a dimettersi quando fu travolto dalle accuse di corruzione.

La lentezza del sistema

In base alla legge israeliana, una volta che il procuratore generale esprime l’intenzione di incriminarlo, all’accusato viene data, in una o più udienze, la possibilità di difendersi prima che l’incriminazione venga formalmente presentata. Tra i due momenti passano diversi mesi. Ed è proprio la tempistica a pesare in questo caso, in vista delle elezioni del 9 aprile.

A quanto affermano i media israeliani, il possibile avviamento di un procedimento giudiziario così grave può avere un effetto devastante a soli 40 giorni dalle elezioni, mettendo fine ai dieci anni di Netanyahu alla guida del governo, come certifica anche un sondaggio di “Times of Israel”. Netanyahu è il secondo premier israeliano più longevo da Ben Gurion: al governo dal marzo 2009, aveva avuto la responsabilità del governo anche dal 1996 al 1999.

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