Geoffroy VAN DER HASSELT / AFP
Il crollo della guglia centrale della cattedrale Notre Dame
Fa paura anche solo ad immaginarlo: il legno, si sa, è un elemento altamente combustibile ma se scoppia la scintilla e si propaga il fuoco, abbiamo più possibilità noi di ‘salvarci’ all’interno di una stanza chiusa che i tesori della cattedrale di Notre Dame. Questo perché l’aria alimenta le fiamme e non dà possibilità di scampo e più ce n’è, e più siamo perduti.
Ce lo spiega una ricercatrice, che è peraltro responsabile dei laboratori di comportamento al fuoco del Cnr-Ivalsa (l’istituto di valorizzazione del legno e delle sostanze arboree): “Il legno è un elemento combustibile e in determinate situazioni brucia più o meno velocemente”, spiega Gabriella Bochicchio all’Agi.
Ovviamente dipende dalla specie legnosa, dalla pezzatura, dall’umidità, però senza dubbio il legno rispetto agli altri elementi cui si ricorre nelle costruzioni è quello più rischioso.
La velocità di carbonizzazione è impressionante: 0,7 millimetri al minuto. Brucia cioè a questo ‘ritmo’ ad esempio una trave in legno ma potrebbe anche accelerare qualora ci fosse più aria attorno.
“L’ossigeno è l’elemento cosiddetto comburente” spiega la ricercatrice, è proprio con esso che scoppia insomma l’incendio. Nel caso di Notre Dame, l’altezza tipica della basilica in stile gotico ovviamente non ha infatti aiutato perché nella struttura c’era più ossigeno rispetto ad esempio ad una piccola basilica, per non parlare di una stanza.
“In più – aggiunge- la forma delle guglie nell’ambiente in cui si è propagato il fuoco ha peggiorato le cose, anzi ha fatto un effetto ‘torcia’ e ha facilitato il processo”. Il fuoco poi è stato alimentato dal vento, che ha fatto la sua parte e ha fatto divampare le fiamme nella cattedrale in modo così devastante. Bisogna stare attenti perché in Italia e in tutto il mondo, vi sono moltissime strutture che corrono lo stesso rischio: “Basti pensare a tutto il nostro patrimonio culturale, alle chiese, ai conventi, alle case antiche”, soprattutto quelle con le capriate e le volte e ricoperte col tetto in legno.
“La dinamica non si può prevedere, si può imparare a gestire l’ordinarietà ma poi se sopraggiunge un intervento straordinario, come un cantiere, un incidente diventa difficile da prevenire” spiega la ricercatrice. E come spegnerlo? L’esperta dà implicitamente ragione alla Protezione civile francese, e torto al Presidente Usa Donald Trump che invitava a mandare i Canadair.
“Non si possono domare le fiamme con un getto d’acqua all’esterno perché le conseguenze potrebbero essere rischiose. Si può abbassare la temperatura, ma non è detto che un attacco così aggressivo sia efficace perché comporta uno spostamento d’aria con effetti devastanti”. Quindi, cosa si può fare? “Quello che stanno facendo”, risponde la ricercatrice. E, aggiunge, “sperare che il vento cali e che la fortuna assista”.
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