“No, non siamo in ritardo” sui tempi del Recovery fund. “Ci auguriamo che il veto di Ungheria e Polonia sia superato. Siamo nei tempi indicati e credo che i tempi saranno rispettati”. Così il presidente del Parlamento europeo David Sassoli alla trasmissione Restart su Rai2.
“L’Ue può avanzare senza i Paesi che bloccano”. E’ stata la Francia, per bocca del segretario di Stato agli Affari europei Clement Beaune, a vibrare apertamente la minaccia che a Bruxelles si va sussurrando da un paio di giorni. “Una variante nucleare che nessuno vuole”, ma che come tutte le altre opzioni resta sul tavolo se le ribelli Ungheria e Polonia non si convinceranno ad accettare la clausola sullo stato di diritto e a revocare il veto sul bilancio europeo e il Recovery Fund, ha chiarito il premier olandese Mark Rutte.
La formula sarebbe quella dell’accordo intergovernativo, una strada lunga e tortuosa, con implicazioni politiche e pratiche molto pesanti, da imboccare solo se non si riuscirà a trovare altre vie d’uscita. E non certo una novità. L’ipotesi era già stata valutata durante le interminabili giornate di negoziato al vertice di luglio, quando i 27 leader non riuscivano a trovare la quadra sullo stimolo economico da 1.800 miliardi. Ma anche allora era stata poi riposta nel cassetto. L’idea è stata per il momento rigettata dal commissario all’Economia Paolo Gentiloni, che ha invitato “a non considerare proposte che potrebbero non risolvere il problema, ma semplicemente distrarre dall’obiettivo di risolverlo”; e che ha invece rivolto un appello ai leader ad approvare il pacchetto di rilancio “per mettere le economie su un sentiero di ripresa” e scongiurare quei ritardi che potrebbero avere conseguenze serie. Il rischio non è solo un allungamento dei tempi per gli esborsi dal Recovery ma anche un esercizio provvisorio del nuovo bilancio Ue, con la chiusura dei rubinetti per i pagamenti per quasi tutte le nuove spese. Decisamente controproducente per la Polonia, primo beneficiario dell’Unione per gli aiuti a fondo perduto delle politiche regionali, con 75 i miliardi assegnati per il 2021-2027.
Ma nonostante il forte pressing europeo di queste ore – con la cancelliera Angela Merkel ed i presidenti di Consiglio e Commissione europea Charles Michel e Ursula von der Leyen impegnati a tessere la tela della mediazione anche in vista della videoconferenza dei leader di domani – Budapest e Varsavia non hanno dato segnali di ripensamento. Anzi, in loro difesa è sceso in campo anche il premier sloveno Janez Jansa.
Fonte Ansa.it