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Sui cambiamenti climatici Angela Merkel sta con Visegrad

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In un momento in cui la lotta al cambiamento climatico è tornata sulle prime pagine sulla scia della mobilitazione internazionale nata intorno alla figura di Greta Thunberg, il tema del contrasto al riscaldamento globale è anche sul tavolo del Consiglio Europeo in corso a Bruxelles. L’obiettivo proposto dalla Commissione Europea è azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050, in modo da rispettare quanto stabilito dall’accordo sul clima di Parigi, ovvero tenere l’aumento della temperatura mondiale sotto gli 1,5 gradi centigradi. 

Il dossier però, come tanti altri, vede l’Europa dividersi tra Est e Ovest, con le nazioni dell’ex cortina di ferro che si oppongono a un target troppo ambizioso per economie ancora così dipendenti dalle fonti fossili, a partire dal carbone, che in Polonia, per citare l’esempio più clamoroso, contribuisce all’80% della produzione elettrica. La notizia è che la Germania, a quanto risulta da documenti riservati pubblicati da Euractiv, ha deciso di schierarsi con Varsavia, Budapest e Praga, una posizione destinata a condurla a uno scontro con la Francia, che guida invece il fronte “verde” insieme al Benelux e ai Paesi iberici e scandinavi. 

Le ragioni di tale orientamento sono semplici da spiegare. Nonostante i forti investimenti in energie rinnovabili, la colossale macchina industriale teutonica è ancora troppo dipendente dal carbone, seppure sia nei programmi del governo abbandonarlo entro il 2038. Il motivo è il repentino abbandono del nucleare, deciso sulla scia dell’incidente della centrale di Fukushima. Il risultato? La Germania e la Polonia insieme sono responsabili del 50% delle emissioni di anidride carbonica dell’Unione Europea. 

Solo lo scorso gennaio la quota di energia elettrica prodotta in Germania da fonti rinnovabili ha superato, toccando il 40%, quella che proviene dal carbone. Quest’ultima, nondimeno, si attesta ancora a un 39% che è difficile pensare di poter azzerare in trent’anni. Sebbene lo sviluppo tecnologico delle energie rinnovabili abbia dimostrato di procedere a ritmi superiori alle previsioni, è ancora utopistico pensare di poter alimentare con pannelli solari le industrie pesanti che costituiscono il cuore del manifatturiero tedesco. 

La Francia si trova invece in condizioni del tutto diverse, e non solo perché ha un’economia maggiormente basata sul terziario. Il mix energetico transalpino è infatti composto al 15% da rinnovabili (l’obiettivo di Macron, sulla carta, è di portarle al 40% entro il 2030), all’11% da fonti fossili e al 74% da quel nucleare al quale Berlino ha voluto, forse con troppa fretta, rinunciare.

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