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Theresa may fa ‘all in’. La sua testa per salvare la Brexit

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Pur di salvare la sua Brexit, la premier britannica, Theresa May, offre la sua testa: ha promesso le sue dimissioni pur di incassare il ‘via libera’ all’accordo che per mesi ha negoziato con Bruxelles. In una riunione a porte chiuse, davanti al Comitato 1922, il gruppo parlamentare dei conservatori, la leader dei Tory ha affermato che “c’è il desiderio di un nuovo approccio, di una nuova leadership” per la prossima fase dei negoziati sulla Brexit. “Io non lo ostacolerò”, ha aggiunto, secondo quanto fatto filtrare da Downing Street.

Ostinata e pervicace, May dunque (che nel referendum del 2016 si era schierata per il Remain) gioca la sua ultima carta per convincere gli euroscettici a far passare l’intesa, già bocciata due volte dai Comuni, a gennaio e a marzo, tanto che la premier è stata costretta a chiedere una proroga della data di uscita, dal 29 marzo al 12 aprile. E la May non può non aver capito che ormai il suo mandato è considerato logoro: da tempo la sua testa è richiesta a gran voce dall’ala più intransigente del partito. E oggi un sondaggio ha rivelato che il 57% dei britannici ritiene che non sia più adatta a rimanere a Downing Street.

Forse venerdì il voto sull’accordo

Con questa mossa, May conta che il suo piano possa essere finalmente approvato, forse già questa settimana. Il ministro per la Brexit, Stephen Barclay, ha riservato una sessione parlamentare per venerdì, quando normalmente non c’e’ attività, il che fa pensare che il governo potrebbe presentare il piano ai Comuni proprio venerdì per la terza volta. Si sa già che l’offerta di May non ha persuaso i dieci deputati nordirlandesi del Dup (Democratic Unionist Party), partner di minoranza del governo.

Sulla strada del terzo voto resta pero’ un’incognita, lo speaker della Camera, John Bercow, che anche oggi ha ribadito alla premier che il suo accordo con Bruxelles potrà essere rimesso ai voti solo con modifiche sostanziali. Bercow e’ stato piu’ volte accusato di essere un ‘remainer’ e di voler far naufragare la Brexit. May in realtà ritiene che già la proroga dell’uscita e i chiarimenti sul ‘backstop’ (ovvero la clausola che scongiura l’erezione di una nuova frontiera tra le due Irlande in mancanza di accordo) ottenuti a Bruxelles durante l’ultimo Consiglio Ue siano una novità. 

L’ala dura si fa più dialogante

Diversi Brexiteer più radicali – in primis Boris Johnson e Jacob Rees-Mogg, presidente dell’European Research Group, un influente gruppo di 60/70 deputati sostenitori di una Brexit senza compromessi – hanno invece annunciato che potrebbero sostenere l’accordo May se il rischio è che salti la Brexit. Non è chiaro invece che cosa accadrebbe se la premier fosse bocciata per la terza volta. L’annuncio e’ arrivato mentre il Parlamento si preparava a votare le opzioni alternative al piano May, opzioni che però non sono vincolanti per il governo. Proprio Rees-Mogg in serata ha affermato che le possibilità di far passare l’accordo “sono decisamente maggiori rispetto a prima”.

Il Regno Unito ha ottenuto un’estensione della data di uscita, inizialmente prevista per il 29 marzo, fino al 22 maggio se riesce a ratificare un accordo; altrimenti, il Paese lascerà l’Ue il 12 aprile senza un’intesa, a meno che non offra un’opzione alternativa. Se l’accordo viene finalmente approvato, May potrebbe lasciare il mandato poco dopo il 22 maggio, quindi al massimo a metà luglio ci sarebbe un nuovo leader conservatore a Downing Street.

Westminster boccia i piani alternativi

Nella giornata di oggi il Parlamento britannico ha approvato il rinvio breve concesso dall’Ue al 22 maggio in caso di approvazione entro venerdì dell’accordo di divorzio raggiunto dalla premier May con Bruxelles. Come si prevedeva, nonostante il voto contrario dell’ala dura conservatrice, l’approvazione è avvenuta con una netta maggioranza di 336 voti: 441 a favore e 105 contrari.

Westminster ha poi bocciato tutte e otto le alternative al piano della premier. L’opzione che ha ricevuto più voti è stata quella che chiede un referendum di conferma dell’accordo. Non c’è quindi una maggioranza alternativa al piano Brexit. Le proposte alternative non erano comunque vincolanti. Il conservatore Oliver Letwin, architetto di questa giornata parlamentare, non ha nascosto la sua delusione. Indizi che rendono forse meno probabile una terza bocciatura del piano May quando sarà di nuovo sottoposto al voto.

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