Giovan Francesco Caroto, Deposizione di Cristo, 1515, olio su tavola, 90×146 cm. Collezione privata
I Musei Civici di Verona annunciano, per l’autunno del 2020, la prima retrospettiva di Giovanni Caroto. Artista eclettico, con un linguaggio pittorico in continuo adattamento agli stili e alle novità del suo tempo, Caroto mantenne sempre un profondo legame con Verona, sua città di riferimento.
Qui la sua famiglia, di origine emiliana, aveva avviato una florida spezieria, che impegnò lo stesso Giovanni sino a quando non venne totalmente attratto dalla pittura. In quest’arte raggiunse velocemente livelli tali che alcune sue opere vennero commercializzate con il nome del maestro della bottega di cui era allievo.
Da Verona, tuttavia, si allontanò spesso, partendo per soggiorni a Mantova, Milano e nel Monferrato, richiamato nei diversi luoghi da importanti committenti, ma anche dalla necessità di misurarsi con quanto di nuovo si produceva nei diversi poli dell’arte.
Tra i suoi lavori più conosciuti la pittura ad olio “Ritratto di giovane fanciullo con disegno”, eseguita attorno al 1521-1523 secondo, che rappresenta oggi una delle più originali pitture dell’intera storia dell’arte rinascimentale.
Nel dipingere il ritratto del ragazzo, Caroto si espresse con assoluto realismo. Il giovane, dall’espressione allegra e divertita, mostra orgoglioso il suo “capolavoro”: un disegno abbozzato di figura umana, che risulta poco più di uno scarabocchio. Una piccola creazione di cui, tuttavia, il giovane “artista” va decisamente fiero e, nell’esibirlo, sollecita con un sorriso furbo, il consenso di chi lo osserva.
Non a torto questo dipinto viene considerato un “unicum” nella pittura italiana del Cinquecento. Quello che Caroto vuole rappresentare, infatti, è un ragazzo vero, straboccante di vitalità, una “birba matricolata”, che si propone come divertito complice di chi lo sta osservando. L’artista lo traspone con evidente simpatia, tanto che è lecito ipotizzare che il ragazzino dai capelli color carota fosse un suo nipote.
Un altro piccolo ritratto, quello di un giovane monaco benedettino, conferma in modo stupefacente l’abilità di ritrattista di Caroto. Tutto in quest’opera riporta al vero aspetto del giovanissimo monaco, poco più che adolescente. E in questa assoluta attenzione al dettaglio e alla veridicità dei soggetti rappresentati, che emerge anche una lettura psicologica, non meno attenta, del personaggio.
La necessità di Caroto di raccontare la realtà anziché l’ideale, gli costò, a Milano, una sconfitta che lo stesso Vasari tramanda nelle sue “Vite”. La contesa era tra lui e un artista fiammingo in auge in quel momento nel Ducato lombardo. I due si confrontarono pubblicamente sul tema del ritratto. Vasari ricorda che il veronese perse. Ma non certo per la minore maestri nel dipingere, ma perché il suo ritratto proponeva un personaggio che non era giovane e bello come quello dipinto dal suo avversario.
Giovan Francesco Caroto non fu solo una abilissimo ritrattista. Questo artista attento al nuovo e capace di superasi costantemente, ricevette infatti un gran numero di commissioni, sia in ambito veronese e veneto, sia in territorio lombardo che piemontese. Tanto che sue opere – pale d’altare, grandi oli, affreschi, disegni – sono presenti oggi in musei europei e nordamericani, da dove, alcune, torneranno a Verona per questa mostra.
“Caroto – anticipa Francesca Rossi, Direttore dei Musei veronesi e curatore della mostra insieme a Gianni Peretti, Paolo Plebani, Edoardo Rossetti – esercita con disinvoltura la pittura, la miniatura, il disegno naturalistico, la medaglistica, la statuaria. Nella pittura profana e soprattutto devozionale, pubblica e privata (pale d’altare, Madonne con il bambino), dimostra una particolare bravura nella realizzazione di figure di dimensioni minute e un originale talento nell’arte del ritratto e nella pittura di paesaggio. L’esposizione intende esplorare tutti questi aspetti”.