© Mario Cresci | Mario Cresci, Nei segni di segni, 2011. Still da video, 10′ 02”
Dal 12 Settembre 2020 al 12 Settembre 2020
Luogo: AGO – Chiesa di San Nicolò
Indirizzo: via Jacopo Berengario 20
Orari: Mercoledì, giovedì e venerdì: 11-13 / 16-19; sabato, domenica e festivi: 11-19. Sabato 16 maggio, apertura straordinaria fino alle ore 24 e ingresso libero dalle ore 19 (in occasione della notte bianca “Nessun Dorma”)
Curatori: Chiara Dall’Olio
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 059 2033166
Sito ufficiale: http://www.fmav.org
A seguito del decreto del governo diretto a contenere l’emergenza sanitaria attualmente in corso, la Fondazione Modena Arti Visive ha rimandato al 12 settembre 2020 l’apertura della mostra La luce, la traccia, la forma, personale di Mario Cresci a cura di Chiara Dall’Olio, che avrebbe dovuto inaugurare il 27 marzo nella Chiesa di San Nicolò ad AGO Modena Fabbriche Culturali.
Mario Cresci è autore, fin dagli anni Settanta, di opere eclettiche caratterizzate da una libertà di ricerca che attraversa il disegno, la fotografia, il video, l’installazione, il site specific. Il suo lavoro si è sempre rivolto a una continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo usando il mezzo fotografico come pretesto opposto al concetto di veridicità del reale.
Per la sua personale La luce, la traccia, la forma, Fondazione Modena Arti Visive ha invitato l’artista a creare un dialogo con la mostra L’impronta del reale. W. H. Fox Talbot alle origini della fotografia che contemporaneamente le Gallerie Estensi, in collaborazione con FMAV, dedicano all’inventore della fotografia su carta e ai procedimenti di riproduzione delle immagini.
Mario Cresci si è ispirato alle origini della fotografia come traccia creata dalla luce e ha ideato un allestimento composto da una serie di opere che evidenziano il suo interesse per l’incisione e più in generale per il “segno” che dal primo momento è stato in senso più ampio un tema costante della sua ricerca artistica.
Come sottolinea Cresci, prima dell’invenzione della fotografia, le immagini venivano diffuse attraverso l’uso della tecnica calcografica. Con l’avvento del dagherrotipo è la luce che impressiona la lastra metallica sostituendosi alla mano dell’artista. Poco tempo dopo sarà Talbot a inventare il negativo su supporto cartaceo. Per la mostra La luce, la traccia, la forma l’artista riprende un lavoro fatto nel 2011 per l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, focalizzato in parte sui segni incisi da Giovanni Battista Piranesi, Annibale Carracci e Luigi Calamatta, analizzati attraverso opere video e scatti fotografici che ne disvelano la matericità nel rapporto con la lastra di rame.
Tra le opere in mostra è significativo il dittico con l’Autoritratto di Cresci (Bergamo 2010) realizzato usando la superficie specchiante del retro di un “grande rame” che, modificata dall’ossidazione del tempo, restituisce un’immagine alterata della figura. Un gesto simbolico quello dell’intervento di Mario Cresci perché in questo caso è la fotografia a “incidere” la lastra di rame: un omaggio a quello sperimentalismo che caratterizzò l’invenzione della fotografia fin dalla sua comparsa nel mondo dell’arte.
La mostra Mario Cresci. La luce, la traccia, la forma è realizzata in collaborazione con le Gallerie Estensi.
Mario Cresci nasce a Chiavari, in Liguria, nel 1942, e oggi vive e lavora a Bergamo. Nel 2004 realizza la sua prima antologica, Le case della fotografia. 1966-2003, alla GAM (Torino), mentre nel 2017 riassume i suoi cinquant’anni di attività artistica nella mostra La fotografia del No. 1964-2016 alla GAMeC (Bergamo). Dal 2010 al 2012 realizza il progetto Forse Fotografia: Attraverso l’arte; Attraverso la traccia; Attraverso l’umano con una mostra itinerante rispettivamente nelle città di Bologna (Pinacoteca Nazionale), Roma (Istituto Centrale per la Grafica), Matera (Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata), pubblicando per i tipi Allemandi il catalogo omonimo, un volume ricco di testi critici e immagini sul suo lavoro. Partecipa alla Biennale d’Arte di Venezia nel 1971, 1979 e nel 1993 in Muri di carta. Fotografia e paesaggio dopo le avanguardie curata da Arturo Carlo Quintavalle. Dal 1974 alcune sue fotografie fanno parte della collezione del MoMA (New York, USA). Molti lavori sono raccolti in diverse collezioni d’arte e fotografia contemporanea di note collezioni museali permanenti. Dalla fine degli anni Settanta si dedica anche all’insegnamento come attività di esperienza creativa condivisa e intesa come parte integrante del suo lavoro d’autore, nella convinzione che l’opera d’arte può anche nascere da un processo sociale. Dal 1991 al 1999 ha diretto l’Accademia di Belle Arti G. Carrara di Bergamo. Ha insegnato in diverse scuole, accademie e università come lo IED, l’Accademia di Brera, la NABA, il Politecnico di Milano e attualmente insegna all’Università ISIA di Urbino e al Master di Alta formazione sull’immagine contemporanea di FMAV.