di Saverio Fossati
La dissenting opinion, cioè la possibilità di dare rilievo alle argomentazioni dei giudici in dissenso con la maggioranza dell’organo collegiale, è una realtà consolidata nei Paesi anglosassoni ma quasi un mistero in Italia: il convegno organizzato il 30 novembre presso la Biblioteca Ambrosoli sulla sua possibile introduzione nel nostro Ordinamento è servito a dissipare molti dubbi anche se non tutti sono d’accordo sulle modalità del suo impiego. Il convegno è stato realizzato dall’Università degli Sudi di Milano (Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale), dall’Ordine degli avvocati di Milano e in particolare dalla Commissione Rapporti Internazionali, dall’Italian Law & Liberty Circle e dal Centro Sudi Grande Milano.
Tra gli invitati, l’avv. Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia che aderisce alla iniziativa.
Il convegno, articolato nel pomeriggio (al mattino era stato affrontato il tema del ruolo delle professioni legali davanti alle nuove sfide del diritto **), si è aperto con i saluti di Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano, che ha sottolineato come la dissenting opinion abbia soprattutto fondamento nel sistema di common law. “L’unica esperienza in Italia – ha detto Roia – risale al 1988, a seguito del referendum del 1987 e riguardava l’eventuale responsabilità del giudice in sede collegiale in caso di opinione dissenziente, opinione che sarebbe stata conservata in busta chiusa e consegnata al presidente del collegio. Diversi sono quindi i presupposti rispetto ai Paesi anglosassoni. Una norma di fatto caduta in desuetudine dopo 40 anni. Oggi – ha spiegato Roia – nessuno fa dissenting opinion. Ma la buona pratica è quella di non affidare la motivazione (potenzialmente suicida) al giudice dissenziente. Nell’ambito delle corti supreme è una buona pratica che sarebbe bene seguire e anche dalle dissenting opinion della Corte di Giustizia abbiamo tratto argomenti utili alla giurisprudenza”. Dopo i saluti di Francesca Zanasi, vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano e Presidente dell’Unione Crint Italiane, International Family Law Firm, che ha riassunto i termini della questione, Marilisa D’Amico, ordinaria di diritto costituzionale alla Statale e prorettrice alla legalità ha ricordato che “Il nostro ateneo è molto aperto al mondo legale internazionale e oggi si vuole lanciare un tema importante: a che punto stiamo e sino a che punto abbiamo bisogno di cambiare il nostro metodo di ragionamento considerando che dobbiamo formare giuristi globali” mentre Lorenza Violini, ordinaria di diritto costituzionale alla Statale e membro del Senato accademico, ha definito la dissenting opinion “ Una prova per il sistema legale ed è importante che se ne parli in relazione all’attività delle corti superiori”.
Gli interventi sono stati precedute da una relazione introduttiva di Nicolò Zanon, già vicepresidente della Consulta ordinario di diritto costituzionale alla Statale, coordinatore dell’evento, che ha illustrato le fasi del tema del convegno alla Corte costituzionale, specificando che “Non si parla di dissenting opinion nelle Corti inferiori. La collegialità tende a incoraggiare il conformismo ma la Corte Costituzionale rifiutò la dissenting opinion in forma anonima”. Il suo pensiero, alla luce della esperienza presso la Suprema Corte, è favorevole alla introduzione nell’ordinamento di questo strumento che eviterebbe anche le fughe di notizie e renderebbe più trasparenti le diverse posizioni.
Si sono uniti al dibattito Dean Reuter vice presidente della Federalist Society e John Malcolm vice Presidente della Heritage Foundation.
Il primo intervento è stato quello di Vladimiro Zagrebelsky, già giudice della Corte europea dei Diritti dell’uomo, dove la dissenting opinion è utilizzata: “Alla Cedu Strasburgo è previsto che i giudici alleghino una loro opinione, dissenziente o concorrente, importante anche quest’ultima perché allarga la platea di quelli che concordano con il dispositivo. L’effetto, ha detto Zagrebelsy è la pubblicizzazione di un altro modo di argomentare secondo l’opinione dei singoli giudici. In realtà, per ragioni di correttezza e deontologia, questa possibilità di dire il perché del dissenso è diventato un obbligo. In Camera di consiglio (nella Grand Chambre ci sono 17 giudici) spetta al presidente ottenere la maggioranza. E così vengono inglobate in quelle della maggioranza le argomentazioni della minoranza, quanto meno dandone conto. La “opinione separata” (per comprendere anche le concorrenti) si rivolge ai futuri giudici e all’opinione pubblica fornendo argomenti che potranno anche diventare maggioritari. Il principio fondamentale è che la dissenting opinion ma anche l’opinione concorrente presuppongono che anche le diverse opinioni abbiano spazio. Se però da noi la Cassazione dà l’interpretazione esatta, vuol dire che le altre sono sbagliate. E quindi da noi la risposta sulla dissenting opinion non può che essere negativa. Se invece crediamo nell’evoluzione, allora quello è il momento più bello del’azione giudiziaria”.
Francesco Viganò, giudice della Corte Costituzionale, ha ricordato gli sforzi che fa il presidente nel ricercare sempre il massimo consenso sulla sentenza e ha anche espresso il timore che le “opinioni incontrollate” possano essere un danno per la Corte “Ed è quindi difficile immaginare una rapida implementazione della dissenting opinion in Italia”.
Dopo la relazione di Klemen Jaklic, giudice della Corte costituzionale slovena che ha evidenziato la presenza della pratica nella prassi della Corte, la parola è passata a Mario Serio, ordinario di diritto privato all’Università di Palermo: in Italia, ha spiegato Serio, il sistema giudiziario, a tutti i livelli, ha tradizionalmente rifiutato di aderire all’ idea che esprimere opinioni divergenti potrebbe rafforzare, piuttosto che indebolire, l’affidabilità di un giudizio. Ma è negli Stati Uniti e nei Paesi di Common Law che il “dissenso giudiziario” si è fatto strada ed è stato accettato come un strumento ineliminabile per la minoranza per far conoscere le proprie opinioni su questioni di interesse generale, interesse pubblico. Serio ha illustrato alcuni casi (tra cui quello della Suprema Corte della Florida, dove il Giudice Ellis rilevò che, allorché sia impossibile raggiungere in un dato caso una posizione comune circa le regole giuridiche applicabili e la definizione della lite, l’emersione delle voci tra loro in conflitto serva la causa della chiarezza e della trasparenza. “Quindi – ha concluso Serio – non ci si può accontentare della rassegnazione e si deve cercare di imitare gli altri, ben radicati, modelli”.
Agostino Ghiglia, Componente dell’Autorità Garante per la Protezione dei . ha sottolineato che le regole sulla privacy non costituiscono un ostacolo insormontabile alla prassi della dissenting opinion. IL convegno si è concluso con gli intervento Luca Vanoni, Associato di Diritto Pubblico Comparato all’Università degli Studi di Milano, di Giada Ragone, Ricercatrice in Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Milano.
Nel corso della seduta del mattino è stato affrontato il tema ” Tra Italia e Stati Uniti, il ruolo delle professioni legali davanti alle nuove sfide del diritto”.
RELATORI:
Avv. Antonino La Lumia
Dott. Claudio Marangoni
Prof. Gianroberto Villa
Avv.ta Daniela Mainini
Dean Reuter
John Malcom