Cresce l’agricoltura biologica, come terreni coltivati e come operatori, ma il settore (da quasi quattro miliardi di euro in Italia l’anno scorso) ha bisogno di supporto e di una nuova spinta, visto anche l’affanno generalizzato dei consumi. “Come associazione di aziende di trasformazione e di distribuzione, abbiamo fatto richieste concrete alle istituzioni con un appello al ministero dell’Agricoltura, e ad altri dicasteri, per un’agevolazione fiscale sui prodotti biologici”. I quali, non da oggi, sono quelli che “rispettano l’ambiente così come la salute di essere umani e animali. Chiediamo un’Iva agevolata, in particolare”. Così Nicoletta Maffini, presidente di Assobio, all’evento pubblico “Il futuro del biologico: impatti positivi e prospettive di crescita” promosso da Alma Mater, AssoBio e Federbio nei locali dell’Alma Mater di Bologna. L’occasione è la Giornata europea del biologico, che si celebra il 23 settembre, e Maffini rimarca: “Ci stanno ascoltando le istituzioni sulle nostre richieste? C’è tanto da fare, sicuramente, anche dal nostro punto di vista, affinché tutte le associazioni si uniscano e parlino con un’unica voce. Noi italiani siamo bravi a superare i momenti di crisi, lo siamo meno a lavorare insieme. In questa fase dobbiamo farlo come non mai, per farci ascoltare, e comunicare meglio” come comparto del bio.
Condivide al convegno a Giurisprudenza Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio nazionale, aggiornando gliultimi numeri del settore: “I dati sul biologico, sia degli operatori sia della superficie coltivata, sono in crescita. E nel 2023 risulta positivo anche il trend del mercato, seppur come valore e non come volumi. Il 2024, da parte sua, sta confermando una tendenza anche migliore”.
Tuttavia, non bisogna scordare, insiste Mammuccini, che “il clima incide pesantemente sui raccolti, convenzionali ma anche biologici, dal punto di vista sia degli eventi estremi, improvvisi, sia di altri fenomeni come la siccità. Dobbiamo adattarci sempre meglio. Il biologico attrae tanti giovani in agricoltura, del resto, e dobbiamo insistere sul ricambio generazionale” per valorizzare il fermento. Il settore nel 2023 cresce intanto del 4,5%, come superfici, e i titolari di azienda under 40 nel biologico sono il 50% in più rispetto a quanto accade nel settore convenzionale. L’export sta segnando l’8%, in crescita a sua volta, ma “i dati positivi vanno consolidati, ad esempio con campagne di comunicazione che spingano i consumi dei cittadini” suggerisce Mammuccini. Giovanni Dinelli intanto, professore ordinario del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Alma Mater di Bologna, al convegno mostra slide di numeri difficili da confutare: “Abbiamo decine e forse centinaia di lavori scientifici che, da anni, dimostrano che il biologico è la forma di agricoltura migliore per assicurare un futuro al pianeta in termini di sostenibilità e di salute di tutti noi, tutelando territorio e persone”. Sottolinea Dinelli: “Se c’è un sistema produttivo e agricolo che assicura un approccio ‘one health’, è proprio l’agricoltura bio. Non siamo così lontani dall’obiettivo europeo del 25% di biologico nell’agricoltura, nell’ambito del Green Deal al 2030: ci stiamo avvicinando. Ci sono però anche tante minacce”, avvisa il professore, che mira in particolare “il nuovo decreto legislativo che creerà grossi problemi ai produttori bio: qualsiasi errore dei produttori, se passerà il decreto, verrà inteso come una frode. Al di là delle colpe del singolo operatore. È quest’ultimo che deve giustificarsi, prima ancora di qualsiasi accertamento. Di strada da fare ce n’è”.
In prospettiva “non credo debba scomparire l’agricoltura convenzionale, che deve però imparare dal biologico in termini di innovazione”, completa Dinelli. Filippo Briguglio, collega dell’Università di Bologna e direttore del master in Sicurezza alimentare, assicura che i controlli sono molto seri: “La certificazione biologica è di processo, richiede un percorso ad hoc per le imprese con diversi passaggi mirati, fino alla certificazione finale. L’a gricoltura biologica è controllata, rispetta la biodiversità e sposa le scelte del consumatore consapevole e sostenibile”. Nel percorso, continua il docente riferendosi alle aziende del comparto, “si può essere seguiti da un consulente ad hoc fino al traguardo. I controlli annuali, a cura degli organismi accreditati del ministero, sono molto rigorosi e molto importanti in questo ambito, proprio per dare sicurezza ai consumatori”.
Daniele Ara, assessore comunale all’Agricoltura, ricorda che a livello locale si è più che attrezzati, ormai: “Bologna è una delle città in cui l’attenzione al bio è sempre stata molto alta, siamo secondi a livello nazionale dopo Milano dal punto di vista dei consumi pro capite. Anche a livello regionale c’è molta attenzione. Questa fase ha messo in difficoltà il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto nel ceto medio, e quindi è una fase delicata per l’agricoltura di qualità. Sono convinto- confida Ara- che innovazione e nuove tecnologie, oltre ad un’organizzazione sempre più adeguata, possa consentire” al settore di “riprendersi una fetta di mercato”. In tutto questo, ricorda Ara, il Comune di Bologna dà da mangiare a 25.000 bambini ogni giorno, dai nidi fino alle scuole elementari, con prodotti oltre l’85% biologici. Continueremo su questa strada, perché è un grande investimento culturale”. Rimarca poi lo stesso Bonaccini: “Il Green Deal serve, ma nei prossimi anni dobbiamo dare riequilibrio anche dal punto di vista dell’agricoltura biologica. La superficie ‘bio’ in Emilia-Romagna è quasi triplicata, nell’ultimo decennio, e dobbiamo insistere” su questa strada. “Investire nel bio non è una moda o radical chic, bisogna continuare garantendo redditività ai produttori”, conclude l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna.