Quando estese e fitte nebbie invernali avvolgono la Val Padana, con temperature rigide e gelo notturno, salgono le possibilità che in qualche zona si possano verificare episodi di neve chimica. Il fenomeno è stato segnalato ieri, martedì 19 gennaio, qua e là in alcune zone tra Lombardia ed Emilia, specie sul pavese.
Quello della neve chimica è un fenomeno particolare, perché i fiocchi cadono col cielo sereno o, per meglio dire, in atmosfera nebbiosa. Si tratta quindi di fiocchi di neve che derivano non dalla nuvolosità, ma dall’interazione del vapore della nebbia con i nuclei di condensazione legati agli inquinanti nei bassi strati.
Tale fenomeno tende a coinvolgere aree localizzate, in genere non lontane dai maggiori agglomerati industriali. La neve chimica è diversa dalla galaverna, perché in quest’ultimo caso avviene il deposito di cristalli di ghiaccio su superfici più fredde, che poi vanno ad aggregare le goccioline presenti nella nebbia.
Neve chimica, il processo di formazione
Il caso della neve chimica è equiparabile alla neve vera e propria, in quanto cadono fiocchi come in una vera nevicata. L’anomalia è legata al fatto che tutto ciò avviene col cielo sereno, in presenza di classiche condizioni anticicloniche invernali.
La neve chimica si lega essenzialmente alla presenza di particelle inquinanti nell’atmosfera (rilasciate dagli scarichi di fabbriche ed industrie), che fungono da nuclei di condensazione con il vapore acqueo (umidità elevatissima in presenza di nebbia), favorendo così la formazione di veri e propri piccoli cristalli di neve.
Gli elementi necessari al verificarsi di questo fenomeno, risultano essere la presenza di fitti banchi di nebbia accompagnati da temperature abbondantemente al di sotto dello zero. Il fenomeno della neve chimica spesso e volentieri tende a risultare localizzato.
Talvolta queste nevicate così inusuali, pur non avendo nulla a che vedere con le nevicate innescate da perturbazioni, possono anche assumere forte intensità. In qualche caso storico si sono persino avuti depositi di 15-20 centimetri al suolo.
I primi anni in cui questo fenomeno fu particolarmente ricorrente in alcune aree della Val Padana furono il 1989 ed il 1990. Sono inverni passati alla storia per la persistente presenza di duraturi campi d’alta pressione. In considerazione del calo d’inquinanti e della nebbia, questo fenomeno è ora divenuto meno consueto.