Si conferma uno stretto legame tra esposizione a lungo termine all’inquinamento e tassi di mortalità per il Covid-19. I pazienti con coronavirus, in aree con livelli elevati di inquinamento atmosferico prima della pandemia, hanno maggiori probabilità di morire per infezione rispetto ai pazienti in zone meno inquinate.
Il Covid-19 sarebbe quindi maggiormente letale dove c’è più inquinamento e ciò emerge da una nuova ricerca dell’Università di Harvard guidata dall’italiana Francesca Dominici, professore di Biostatistica, popolazione e scienza dei dati, fra le massime autorità in materia.
L’analisi si è effettuata in 3080 contee negli Stati Uniti, con i ricercatori di Harvard che hanno scoperto come livelli più elevati di particelle di particolato nell’aria, i cosidetti PM 2.5, risultano associati a tassi di mortalità più elevati causati dalla malattia.
Addirittura basterebbe nel lungo periodo la differenza di appena un microgrammo nelle media di PM 2.5 per aumentare il tasso di mortalità del nuovo coronavirus del 15%. Non è la prima volta che si riscontra un legame tra polveri e pericolosità del Covid-19, ma lo studio di Harvard poggia su solide basi di biostatistica.
Per vederla in maniera pratica, se ad esempio Manhattan avesse abbassato il suo livello medio di particolato di una sola unità, o di un microgrammo per metro cubo, negli ultimi 20 anni, l’intero distretto avrebbe probabilmente visto 248 morti in meno per il Covid-19 a questo punto dell’epidemia.
Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno raccolto i dati relativi ai livello di particolato in 3000 contee americane (dove vive il 98% della popolazione degli Stati Uniti) dal 2000 al 2016 e li hanno confrontati con i decessi per Covid-19 registrati fino allo scorso 4 aprile.
I dati sono stati poi opportunamente ricalibrati per togliere tutti gli elementi che potevano interferire sui risultati statistici, fra i quali densità di popolazione, status socioeconomico, percentuale di fumatori, tasso di obesità, variabili climatiche, livello di istruzione, numero di tamponi e disponibilità di letti negli ospedali.
Lo studio conferma quindi che le zone più inquinate vedranno un numero maggiore di malati gravi, una volta che si diffonde il contagio. L’impatto del particolato spiegherebbe quindi, almeno in parte, quello che è successo in Italia.
La Pianura Padana è d’altronde una delle zone più inquinate d’Europa e questo potrebbe avere avuto un ruolo non indifferente anche nell’elevata letalità che si è registrata in Lombardia. Il dato andrà considerato anche in vista delle contromisure necessarie per far fronte all’evoluzione dell’andamento dell’epidemia.
Pubblicato da Mauro Meloni